mercoledì 16 giugno 2021

Gianrico Carofiglio: La disciplina di Penelope / 2

 


Arrivai al bar di Diego qualche minuto prima delle undici, ora dell’appuntamento. Per essere novembre la giornata era decisamente bella, luminosa, con un vento fresco ma non freddo. L’aria sembrava addirittura pulita. Avevo dormito poche ore ma mi sentivo lo stesso abbastanza riposata.

«Ciao, Diego, è libero dietro?»

«Ciao, Penny, libero.»

Ho a lungo detestato quel nomignolo, poi mi ci sono abituata. Se qualcuno dei miei amici – pochi – mi chiamasse Penelope mi farebbe un effetto strano.

«Fra qualche minuto arriva un tale per me» dissi avviandomi verso il retro del locale. Era una saletta con due tavolini dove non entrava quasi mai nessuno.

«Lo faccio passare. Che ti porto?»

«Un caffè americano allungato con un dito di Jack.»

Diego mi guardò, poi guardò l’orologio, poi mi guardò di nuovo.

«Penny, sono le undici…»

«Non mi sono espressa bene, colpa mia, eccesso di sintesi. Riformulo: caffè americano in tazza grande con correzione di Jack Daniel’s. Se lo hai finito nessun problema, va bene qualsiasi altra marca. E comunque, per la tua tranquillità, ho molto ridotto. È possibile che non ne tocchi altro fino a stasera.»

Andai a sedermi dopo avere appeso il giubbotto a un gancio sul muro. Un paio di minuti dopo arrivò Diego con il caffè. Bevvi subito un sorso per controllare che si fosse attenuto all’ordinazione.

«Vuoi mangiare qualcosa?»

«Grazie, ho fatto una colazione sana e senza bourbon, a casa.»

Diego rimase lì.

«Vuoi dirmi qualcosa?»

Si schiarì la voce. «Non credi che sarebbe bene parlarne a qualcuno?»

«Ascoltami, Diego. Apprezzo molto la tua amicizia e la tua premura. Ma davvero, non devi preoccuparti. È una cosa sotto controllo, e mi serve. Prendo qualche Tavor in meno, mi bevo qualche bicchiere in più e finisce lì.»

«Lo so che è inutile dirtelo. Ho visto e sentito un sacco di gente fare discorsi identici al tuo.»

«Vuoi dire: gli alcolizzati?»

«Quelli che hanno qualche problema con l’alcol, prima negano che il problema esista. Poi a volte diventano proprio… quello che hai detto tu. Che ci sarebbe di male a parlarne con qualcuno?»

Mi sentii attraversare da un’ondata di insofferenza. La controllai a fatica, evitando che si trasformasse nella solita reazione rabbiosa. Non sarebbe stato giusto. Molti vogliono solo farti la lezione o la morale. Sfogano su di te il loro bisogno di sentirsi migliori. Diego no: era preoccupato. Non si meritava di vedere la parte peggiore di me. Feci un respiro profondo.

«Va bene, Diego. Può anche darsi che tu abbia ragione, voglio ammettere che da parte mia ci sia un difetto di prospettiva. Ti prometto che ci penserò seriamente. Voglio dire: se parlarne con qualcuno. Adesso però vai di là che devi lavorare. E fra poco, anch’io.»

Diego parve sul punto di aggiungere qualcosa. Poi semplicemente annuì, si girò e tornò nell’altra sala. Bevvi un lungo sorso di caffè, dicendomi che non dovevo finirlo subito: Diego avrebbe fatto un sacco di storie per darmene un altro.

Qualche minuto dopo si affacciò l’uomo che stavo aspettando. Alto, piuttosto magro, forse non di una magrezza naturale. La giacca gli andava un po’ larga: o aveva fatto una dieta energica, o era successo qualcosa di spiacevole.

«Buongiorno, la dottoressa Spada?»

«Buongiorno. Si accomodi» dissi indicando con la mano la sedia di fronte alla mia, sull’altro lato del tavolino. Si sedette con circospezione, come temendo che la sedia potesse cedere sotto il suo peso. Poi si rialzò e mi tese la mano.

«Mario Rossi» si presentò. E poi, con una battuta detta chissà quante altre volte: «È il mio vero nome, non uno pseudonimo».

Tirai fuori un sorriso di cortesia, che scomparve un attimo dopo. «Prende un caffè?»

«Ne ho già presi tre, questa mattina. Meglio non esagerare.»

«Va bene. Allora mi dica pure.»

«Credo che Filippo Zanardi le abbia preannunciato la mia visita.»

«Sì, senza dirmi il motivo.»

Lui si aggiustò con un gesto meccanico il nodo della cravatta, che in effetti era abbastanza allentato e mal fatto. Si schiarì la voce.

«Più di un anno fa mia moglie è stata assassinata.»

 

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