martedì 25 giugno 2019

Ecco perché Milano è davvero un’alternativa all’Italia sfigata dei gialloverdi


da: https://www.linkiesta.it/it/ - di Francesco Cancellato

Siamo realisti, Milano non è il paradiso che molti sostengono sia, ma dall’Expo in poi, è diventato un laboratorio di sviluppo, democrazia e inclusione. Un’alternativa alla politica della chiusura, incarnata tristemente dal governo gialloverde

Non ce ne voglia Cortina, se nelle righe che seguiranno celebreremo la vittoria politica di Milano. E non ce ne voglia chi si è rotto le scatole di sentir parlare del modello meneghino come se fosse una sorta di bengodi senza macchie e senza problemi. Però oggi vale la pena dirlo, senza troppi distinguo e senza troppa puzza sotto il naso: è bello vedere l’Italia che vince una competizione internazionale, dopo aver visto sfumare l’agenzia del farmaco per un soffio, sempre a Milano. Ed è bello vedere un Paese che esulta assieme, e che assieme ha lavorato - i Comuni di centrosinistra, le Regioni di centrodestra, il governo gialloverde - per ottenere il risultato.

Potremmo fermarci qui, però una considerazione politica è d’obbligo. Ed è una considerazione che prescinde dagli schieramenti e riflette al contrario lo spirito dei tempi di un Paese che, dal debito ai migranti, si augura di fare pena, di generare compassione negli altri. O al peggio di risultare pericoloso agli occhi di chi ci è vicino costringendolo ad aiutarci. Come siamo arrivati a questa idea perdente e sfigata del nostro Paese, e come siamo addirittura arrivati a trasformarla in una forma post-moderna di nazionalismo sarà materia per storici e piscologi. Quel che più ci interessa, ora, e che la vittoria di Milano e Cortina in qualche modo dimostra, è che un alternativa all’Italia sfigata è possibile. Che il declino economico, politico e sociale non è il destino ineluttabile di questo Paese. Che non serve mettersi la cintura esplosiva attorno alla vita per essere competitivi.


Non vogliamo tornare sulla questione trita e ritrita del modello Milano e della sua alterità col resto della penisola. Ci limitiamo, semmai, a rimarcare come i progetti seri, presentati da istituzioni serie, guidate da persone serie, possono risultare vincenti, e Milano negli ultimi anni, è stata l’unica città italiana capace di presentare progetti vincenti, da Expo 2015 alle Olimpiadi del 2026, passando per l’Ema sfumata per un soffio, all’ultima curva. Milano sarà pure un contesto alieno al resto del Paese, ma se lo è perché seria e credibile allora è il Paese ad avere qualche problema, non certo Milano.

Allo stesso modo, Milano è il simbolo di un Italia che può aprirsi ai mercati e all’economia globale senza esserne travolta. D’accordo: un conto è la metropoli e un conto è la provincia. Ma non c’è bar che ha chiuso, a Milano, perché ha aperto Starbucks. E non c’è piccola impresa che soffre a causa dell’arrivo degli investimenti delle grandi multinazionali. E non c’è periferia che non abbia giovato, anche solo nell’immagine, dell’allure internazionale generata dalle grandi trasformazioni urbane di Porta Nuova e di City Life. Pur con tutti i difetti del mondo, Milano non si è data persa in partenza di fronte alla modernità. E, guarda un po’, sta vincendo.

Ancora: Milano è una delle città più inclusive d’Italia, uno dei contesti urbani che più ha fatto in questi anni, col Comune, con le Fondazioni del territorio, col privato sociale, con la sua diocesi, per sostenere le persone meno abbienti, italiani o migranti che fossero. Anche in questo caso, mentre il resto del Paese si chiudeva a riccio, escludendo chi chiedeva aiuto, discriminando tra italiani e non “perché non ce n’è abbastanza per tutti”. Anche in questo caso, dobbiamo registrare la vittoria dei generosi, a riprova che includere e aiutare gli altri non fa perdere né l’anima né i soldi.

In ultimo, ma questa è più una speranza, la vittoria di Milano e Cortina è la riprova di un Paese che si ribella all’idea di non essere capace di organizzare qualcosa senza ritardi, opere a metà e ruberie assortite. Expo 2015, che stava pericolosamente deragliando a due anni dalla sua celebrazione è stato in questo senso lo spartiacque che ha ridato a una città come Milano la fiducia nei suoi mezzi.
Che oggi alla guida del comune ci siano l’amministratore delegato e il direttore generale di quell’eventi - Sala da sindaco, Malangone da direttore generale - è la prova di quanto il rilancio della città si sia fondato, simbolicamente e non solo, sul successo di Expo 2015. Saranno solo canzonette - circensem, non certo panem - ma l’alternativa all’Italia della sfiga, del vittimismo e del declino ineluttabile passa anche da qua.

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