da: Corriere Economia – di Daniela Polizzi
L'affondo di COOP: La corsa dei prezzi? C'è chi ne approfitta
Dopo l’iniziativa anti-caro vita di Esselunga, il gruppo propone un patto tra industria, distribuzione, produttori. «Bisogna rinunciare agli extra profitti, ognuno faccia la sua parte», dice il presidente Pedroni E avverte: le famiglie rischiano rincari di 500 euro all’anno per la spesa.
Ci vorrebbe «un patto tra industria, distribuzione, filiere produttive per tutelare i consumatori. In una fase di rincari che rischia di mettere in difficoltà le famiglie. Noi ci stiamo provando, con l’atteggiamento del buon padre di famiglia, oppure se vuole, condividendo lo spirito cristiano in base al quale i più forti rinunciano un po’ ai loro margini. Per salvaguardare i clienti ma anche l’occupazione e il made in Italy».
Marco Pedroni, trent’anni nella grande distribuzione, è il presidente di Coop Italia, 14,4 miliardi di giro d’affari nel 2020. Ha un buon punto di osservazione attraverso i suoi 2 mila 349 punti vendita sparsi per l’Italia, 8milioni di consumatori ogni settimana e 6,4 milioni di soci che sono poi anche i suoi clienti. Vede l’inflazione correre negli Stati Uniti e in Europa. «Con un più 3% a ottobre su base annua anche in Italia credo che ormai non si tratterà di un ciclo breve, quindi bisogna darsi da fare. I dati economici sono buoni ma non lo sono
altrettanto quelli relativi ai consumi, la percezione del futuro da parte delle famiglie è ancora positiva. Ma di questo passo non durerà a lungo e questo può minare la ripresa », dice Pedroni che ha aperto un cantiere con i suoi 6mila fornitori in un momento critico per tutta la grande distribuzione. Che è peraltro anche alla ricerca di un nuovo modello, tra vendite allo scaffale e ecommerce, grandi ipermercati finiti sotto pressione per l’onda lunga della pandemia e negozi di prossimità. Un cocktail che ha spinto alcuni gruppi stranieri a scelte drastiche, con Carrefour che ha annunciato un piano da quasi 800 esuberi e 106 chiusure, dopo la maxi cessione di negozi da parte di Auchan.Che cosa vede sul mercato un’organizzazione come Coop Italia?
«L’inflazione è un fenomeno globale ma vedo anche movimenti speculativi rilevanti. Sul mercato del largo consumo c’è una forte richiesta di aumenti da parte dell’industria, dei marchi. Si va da un più 20-30% per la pasta, un 10-20% per l’olio fino a un più 10-15% per la carta. Ma tocca più o meno tutti i settori con rare eccezioni. C’è da chiedersi se le richieste siano congrue. E noi abbiamo gli strumenti per capire chi si muove in modo corretto e chi “carica” i listini. Va detto che le materie prime corrono, tra plastica, alluminio, trasporti, energia. Ma queste sono solo una parte dei costi. C’è spazio per lavorare. Circa un terzo dei prodotti che vendiamo è a marchio Coop, abbiamo un’idea precisa di qual è l’impatto dei rialzi sui nostri costi».
Esselunga ha voluto dare una scossa al mercato dichiarandosi disposta a investire finoa140 milioni per calmierare i prezzi nei prossimi 12 mesi. Voi come vi muovete?
«Noi agiremo con forza con il nostro prodotto a marchio Coop per tutelare il potere di acquisto dei consumatori. Ma sarebbe utile anche un tavolo comune, un vertice straordinario sull’inflazione che riunisca industria, agricoltura e distribuzione. E anche il governo. Vorremmo che ognuno si prendesse il suo pezzo di responsabilità. Lo abbiamo chiesto due mesi fa insieme a tutte le associazioni della distribuzione e dell’industria all’esecutivo di Mario Draghi. Non c’è stata risposta. Il momento è delicato. Coop Italia peraltro è impegnata negli investimenti per la crescita con 200 milioni di impegni a piano nel 2022 su aperture, ristrutturazioni, tecnologia e filiere».
Che cosa chiedete?
«Il governo si è occupato di bolletta energetica, ora l’auspicio è che vari altre misure, soprattutto per le famiglie meno abbienti, magari con una riduzione dell’Iva sui beni di prima necessità. Ma solo come intervento temporaneo, di emergenza. Come ha fatto il presidente francese Emmanuel Macron che darà 100 euro al mese per un anno alle famiglie con reddito basso, una sorta di “indennità inflazione”».
Come procede il vostro dialogo con l’industria?
«Chiediamo di dare conto di queste richieste di rialzo dei listini, apriamo discussioni molto impegnative, anche perché non è pensabile compensare il tutto con la negoziazione contrattuale. Ci vuole prima di tutto un’assunzione di responsabilità di tutte le componenti delle filiere per attutire l’impatto dei rialzi. Bisogna che ognuno aumenti la propria efficienza, i produttori agricoli, l’industria, la distribuzione. E occorre rinunciare a extra profitti. Tutti subiamo aumenti, siamo pari in questo».
Chiede qualche sacrificio..
«Vorrei che rinunciassimo tutti a qualcosa, nel quadro di un patto che tutela le famiglie. Dall’ultima indagine di Mediobanca sui bilanci del 2020 emerge che la redditività media dell’industria è stata del 4,7% mentre quella della grande distribuzione si collocaall’1,5%. La grande distribuzione ha da tempo margini più compressi».
Quindi?
«In Coop Italia abbiamo calcolato che se trasferissimo sul consumatore i rincari richiesti, una famiglia media si ritroverebbe a pagare 500 euro in più all’anno per la spesa. E poi c’è un altro effetto negativo, ovvero la messa a rischio anche del made in Italy».
Sono più competitivi i prodotti stranieri?
«Inizio
a vedere la sostituzione di prodotti nazionali con quelli d’importazione.
La carne suina, ma è solo un esempio, in Germania e in Olanda costa
il 35% in meno. Queste sostituzioni hanno ricadute negative sul made in
Italy. Il 95% dei prodotti Coop viene dall’Italia, il 90% della nostra ortofrutta
è italiana, così come il 98% delle nostre carni bovine. Sappiamo che c’è il
rischio di un duro colpo alle filiere nazionali».
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