da: Il Fatto Quotidiano - di Marco Palombi
Siamo sinceramente colpiti vedendo ogni
giorno di che lacrime grondi, e di che sangue, la sofferenza della stampa
italiana per l’azionista di Atlantia che potrebbe perdere il capitale per via
di quell’incidentuccio di Genova.
L’azionista piccolo, per carità, ché quelli
grossi tipo Benetton, BlackRock o il Fondo sovrano di Singapore manco li
nominano.
Il Messaggero, per dire, piange
sui 50mila piccoli risparmiatori “della holding cui capo Autostrade che in caso
di ritorno della gestione allo Stato rischierebbero di trovarsi con un pugno di
mosche”: tanta gente eh, mica come i “15 mila rimborsati” di Etruria e le altre
che, ahinoi, sono in realtà solo una parte degli obbligazionisti mentre i
piccoli azionisti sono stati azzerati del tutto ed erano 130mila, cui
aggiungere magari i 210mila delle due venete e i 155mila di Mps, che hanno
perso miliardi senza avere il bene di una lacrima sui media mainstream.
Pure La Repubblica è preoccupata per i piccoli risparmiatori, ma
soprattutto per il Sistema Italia: “Le linee di credito di Atlantia
e degli
spagnoli di Albertis (in fase di fusione con la società italiana) ammontano a
39 miliardi” e tutta la baracca “poggia sulla garanzia fornita dai pedaggi”;
“come sarà in grado il sistema italiano di digerire un tonfo da 39 miliardi?”.
Che uno dice: Che tonfo? Che sistema? Chi? Dove? Quando? Un tempo la Repubblica
italiana tutelava il risparmio (e la vita dei cittadini), oggi la Repubblica le linee di credito delle holding. E comunque, signora mia,
all’ombra de’ cipressi e dentro le urne si lacrima così tranquilli per
l’azionista.
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