giovedì 19 novembre 2020

Milano, il grido dei medici del San Paolo e del San Carlo costretti a decidere chi salvare: “Le carenze erano ben note, ora ci troviamo a fare intollerabili scelte sull’accesso alle cure”

 

E stiamo a pensare al pranzone di Natale e al cenone di fino anno?! Ma certo. E perché no: il virus era “clinicamente morto” (parola di Zangrillo prima che corresse a casa di Berlusconi preso da Covid) e non è “che poco più di una banale influenza” detto da altri eminenti (?!) virologi.

 

da: https://www.ilfattoquotidiano.it/

La lettera-denuncia di medici d'urgenza e rianimatori degli ospedali travolti dal Covid, con 350 pazienti, pronti soccorso presi d'assalto, pazienti collocati sulle barelle in sala d'attesa trasformate in sala visita. Le assunzioni di nuovo personale non sono sufficienti, quello che c'è si vede costretto a fare scelte "eticamente e moralmente intollerabili". Ecco la lettera

“In assenza di queste risorse critiche, ci vediamo costretti a operare scelte relative alla possibilità di accesso alle cure, che non sono né clinicamente né eticamente tollerabili. Contro la nostra volontà e, soprattutto, contro la nostra coscienza umana e professionale”. E’ un passaggio della lettera che una cinquantina tra medici d’urgenza e rianimatori degli ospedali San Carlo e San Paolo di Milano hanno consegnato alla loro direzione sanitaria. Ilfattoquotidiano.it ha potuto leggere questo grido di aiuto che sembra arrivare dalla pagina più nera della pandemia, mentre il presidente della Regione Fontana dà per raggiunto il “picco” dei contagi, profetizza la discesa, parla del Natale e chiede che la Lombardia “rientri in zona arancione” prima possibile.

Tra gli ospedali in sofferenza a Milano ci sono anche i Santi Paolo e Carlo. I pronti soccorso,

riuniti sotto un’unica Asst, nelle scorse settimane sono tra i più sovraffollati della città, con punte di accesso da 130 pazienti covid al giorno a fronte di 350 posti letto covid occupati. Da febbraio la direzione ha assunto 22 medici per l’emergenza e ha aumentato gli infermieri di 17 unità, ma evidentemente, non sono bastati a evitare il collasso che è testimoniato anche dalle foto di pazienti (scattate la scorsa settimana) che stazionano nelle sale d’attesa trasformate in sale di visita improvvisate perché quelle fisse erano piene.

Dal punto di vista di chi lavora in trincea la situazione non è cambiata, nonostante negli ultimi giorni siano calati gli accessi ai pronti soccorso. Tanto che, scrivono medici e rianimatori firmatari della lettera “ci vediamo forzati a dilazionare l’accesso a terapie e tecniche potenzialmente curative (intubazione orotracheale e ventilazione non invasiva) e non poter trattare tempestivamente, con adeguata assistenza e in ambiente appropriato tutti i pazienti che ne potrebbero beneficiare”.

La lettera va dritto al punto. “Egregi direttori, siamo professionisti impegnati nella gestione dell’emergenza Covid (emergenza prevista, attesa e che, ciononostante, vede la nostra struttura largamente impreparata), Vi scriviamo per esprimere la nostra grande preoccupazione per la situazione che si è creata in ospedale e il nostro fermo dissenso verso una politica che ci impedisce di esercitare la nostra professione in scienza e coscienza, soprattutto a causa della carenza di mezzi tecnici e umani indispensabili nel frangente in cui ci troviamo ad operare”.

I rianimatori si riferiscono “innanzitutto alla drammatica, e purtroppo ben nota, carenza di posti letto, non solo in terapia intensiva, ma anche nei reparti di degenza ordinaria e nei reparti con possibilità di monitoraggio, dove ricoverare pazienti candidati a trattamenti subintensivi, indispensabili per la cura di gran parte dei pazienti Covid”. Un’emergenza che in realtà non nasce col Coronavirus. “Prevedendo opportune implementazioni tecniche e la presenza di un adeguato numero di Professionisti, formati secondo standard internazionalmente validi e riconosciuti, molti pazienti affetti da polmonite da covid, in particolare quelli non candidabili a terapia intensiva, potrebbero essere adeguatamente trattati anche in aree di degenza medica, come avviene in molti altri ospedali”.

Il riferimento è all’insufficienza di personale medico, infermieristico e ausiliario, “specialmente di area critica, neppure lontanamente colmata da personale assunto ad hoc, introdotto in reparti altamente specializzati con una formazione sempre più spesso frettolosa e sommaria”. Ed era, secondo la denuncia, una carenza “gravissima e nota ben prima della pandemia”.

Qui il passaggio più drammatico del testo: “Purtroppo, in assenza di queste risorse critiche, ci vediamo costretti a operare scelte relative alla possibilità di accesso alle cure, che non sono né clinicamente né eticamente tollerabili. Contro la nostra volontà e, soprattutto, contro la nostra coscienza umana e professionale, ci vediamo forzati a dilazionare l’accesso a terapie e tecniche potenzialmente curative (intubazione orotracheale e ventilazione non invasiva) e non poter trattare tempestivamente, con adeguata assistenza e in ambiente appropriato tutti i pazienti che ne potrebbero beneficiare”.

L’accusa alla direzione sanitaria è diretta. “Di queste “scelte”, anche se dettate da decisioni politiche apicali miopi, noi avvertiamo il peso; di queste responsabilità morali, di nuovo, noi avvertiamo il peso. Scelte di chi avrebbe potuto decidere, e non ha deciso per tempo, anzi, con dovuto anticipo, di riorganizzare, di richiamare più personale formato, di aprire più posti letto monitorati per pazienti affetti da covid”.

Con grande fatica, si legge ancora nella denuncia “cerchiamo, tuttavia, di offrire i migliori trattamenti a tutti i nostri pazienti, qualunque sia la loro gravità, gestendo per molti giorni in Pronto Soccorso il maggior numero possibile di pazienti, finché non riusciamo a offrire loro un posto letto. E anche quando non siamo in grado di guarire, cerchiamo energie e risorse per garantire sollievo e dignità nelle fasi finali della malattia, tanto nei reparti quanto sulle barelle del PS”.

I camici bianchi si sentono “abbandonati nella cura dei nostri malati e non percepiamo né una radicale presa di posizione a loro favore, né alcuna tutela nei nostri confronti da parte dei vertici aziendali. Per questo chiedono ancora “più attenzione alle necessità di ricovero urgente dei pazienti critici e una maggiore tutela qualora ci vedessimo costretti ad operare scelte dettate da condizioni che trascendono la cura dei malati stessi. Chiediamo, inoltre, un’urgente e sostanziale implementazione dell’organico di Pronto Soccorso e dei reparti di Area Critica, che da troppo tempo lavorano in condizioni di costante sovraccarico, ulteriormente aggravato dall’attuale emergenza.

Chiediamo, infine, più attenzione alle esigenze di cura e di ricovero per tutti i pazienti che accompagniamo nelle fasi ultime di malattia e che hanno diritto di ricevere una ancor più doverosa e dignitosa assistenza nel fine vita”.

L’auspicio finale: “Speriamo che questa lettera riceva la dovuta attenzione e smuova un sistema di emergenza sanitaria intra ospedaliera che sta collassando e che sta determinando gravi ripercussioni per i pazienti e per noi operatori. Per parte nostra non siamo disponibili a fare da sponda a carenze tecniche e di organico che sono note da tempo e che abbiamo denunciato. Ogni scelta dettata non da necessità cliniche, ma da carenze di sistema (mancanza di posti letto, mancanza di presidi, carenza di assistenza ai pazienti per mancanza di personale), e che pertanto si contrappone alla nostra volontà di operare sempre secondo scienza e coscienza, non verrà in alcun modo avallata”.

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