domenica 17 settembre 2023

Maria Corleone: la solita serie “empaticomafiosa” di Taodue/Mediaset

 


Siamo alle solite.

Finiti per Taodue i tempi di grazia di Distretto di Polizia, ogni tanto qualche divagazione producendo film comici (Checco Zalone) o qualche serie monotematica (Liberi sognatori), ecco ritornare il vero dna Taodue/Mediaset: le serie mafiose che creano “empatia” in un certo target (commerciale) di spettatori.

Trovo idiota, per non dire amorale, certa sceneggiatura, certa produzione seriale, ma poiché mi vanto di essere più intelligente – ma tanto assai – di Maurizio Gasparri, sono contraria alla censura. Che vadano in onda ‘ste serie. Ma che siano viste dai giovani con degli adulti. Intendo adulti di testa, non anagrafici. Non sempre le due cose collimano.

Eccoci quindi all’ennesima serie “empaticomafiosa”: Maria Corleone.

Ho visto la prima puntata. E non credo proprio che guarderò le altre non foss’altro perché ciò che è scontato, prevedibile, mi annoia.

Allora. Abbiamo una ragazza che di cognome fa Corleone. Da bambina, per difendere una donna dallo stupro spara a chi la sta violentando. Come non si potrebbe provare immediata “empatia”.

La ragazza però lascia la famiglia e se ne va a Milano per coronare il suo sogno: diventare stilista. Si toglie il cognome Corleone, si fa chiamare Florio (come l’amaro siciliano), incontra un magistrato di cui si innamora. I due aspettano un bambino. Ritorna a casa per festeggiare i genitori e nel mentre della festa il padre e il fratello subiscono un attentato. Quest’ultimo rimane ucciso. Che fa la stilista che non si fa chiamare Corleone, che aspetta un bambino dal fidanzato magistrato: ritorna bambina!. Quando trova il killer, lo spara.

Orbene…

Una figlia o un figlio di un mafioso, o segue le orme paterne (il più delle volte) o si stacca completamente da quell’ambiente (molto raramente). Ma che una si stacchi dalla sua famiglia e che poi – seppure davanti a un evento tragico – “riscopra” il suo dna, ritorni nella famiglia mafiosa e vendichi il fratello uccidendo il suo killer, a me fa ridere. Vabbè che è fiction, ma un po’ di decenza creativa. E non la si ottiene lasciando credere che la signorina in questione si è liberata del cognome paterno perché a Milano sono pieni di pregiudizi nei confronti di certe famiglie siciliane, e che non sapesse degli affari del padre mentre si aggira in una villa con un grando parco circondata da guardie del corpo e con un fratello giornalista che, sì, lui pare proprio non voler proseguire la tradizione criminale di famiglia.

Le prossime puntate saranno una specie di Rosy Abate. Lei ha già vendicato il fratello, quindi: penserà agli affari di famiglia. Dove l’ho già vista sta trama. Ah…sì: Rosy Abate in Squadra Antimafia. Tutto ciò che si vedrà sarà la scopiazzatura con poche varianti di Rosy Abate.

Peccato per Rosa Diletta Rossi. Brava attrice che non ha nulla di meno di Giulia Michelini in fatto di espressività, ma che sta meglio in Nero a Metà (che non è proprio il top delle produzioni Rai ma anche la serie meno dotata di questa azienda supera nettamente quelle Mediaset) o in qualsiasi altra serie nella quale non deve ripetere facce e storie già viste. Trite e ritrite.

Ah…nelle prossime puntate (già si è intravisto qualcosa nella prima) verranno mostrate alcune caratteristiche “interpretative” delle fiction a trama mafia di Taodue/Mediaset: il macchiettismo. Sì, perché, se la mafiosa deve creare “empatia” a chi la guarda acriticamente e i cui neuroni non capiscono quale sia la differenza tra atteggiamenti criminali – che non possono creare appeal – e determinazione e carattere, ci sono i mafiosi: familiari e rivali, che sono delle macchiette. Dev’essere una scelta “autoriale” perché cambiano i titoli delle serie (Squadra Antimafia, Rosy Abate), ma le macchiette mafiose ci sono sempre. Dev’essere proprio nello stile dei registi Taodue.

Va detto, a onor del vero, che la responsabilità di tanta mediocrità non è interamente imputabile a Valsecchi. Taodue è di Mediaset…

Concludo con una domanda a Pier Silvio. Che differenza c’è tra un Grande Fratello verso cui ha mostrato i suoi strali e le serie “empaticomafiose” (ricordate Il Capo dei Capi?), ultima in onda prima di questa “Il Patriarca”?

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