da: http://la-domenica.it/ - XXII domenica del Tempo Ordinario
di: Don Pietro Roberto Minali
La solitudine non è isolamento; è l’essere da soli, non il sentirsi soli. A volte è connessa con il viaggio perché per trovare la solitudine si deve mettere una certa distanza dal quotidiano. Vi sono luoghi fatti per stare soli, ve ne sono altri che fanno desiderare di essere soli. Questi luoghi fanno bene all’anima se dopo averli abitati ci fanno desiderare di tornare al quotidiano, dove riprendiamo a frequentare l’altro. Se, al contrario, ci isolano, allora possono diventare prigioni, catene che legano e rendono difficile il ritorno.
Non sempre il luogo della solitudine richiede di essere raggiunto fisicamente e non sempre ci è possibile raggiungerlo. Importante è avere nel cuore questi luoghi e in essi trovare rifugio, conforto e consolazione. I nostri luoghi della solitudine, se sono veramente tali, sapranno raggiungerci lì dove siamo. Il vero viaggio, la presa di distanza dal quotidiano, allora, sarà a carico dello spirito e non del corpo.
I luoghi della solitudine sono luoghi della perfezione, perché in essi nulla manca e nulla è in eccesso; in essi ritroviamo l’unica cosa tanto necessaria eppure tanto gratuita e disponibile per chi la cerca effettivamente: la solitudine. L’essere in solitudine, quindi, non è un fatto di per sé negativo, ma, piuttosto, una possibile modalità di percepire il tempo e lo spazio, e di riempirli della nostra presenza. La qualità del nostro sostare nella solitudine dice molto del rapporto che abbiamo con noi stessi.
Chi
teme la solitudine, spesso teme anche di stare solo con sé stesso. Un grande
maestro spirituale del XX secolo, Henri J. Nouwen, riflettendo sul desiderio di
comunione insito in ognuno (vivere bene i propri legami, appartenenze e doveri
verso gli altri), descrive la vita come un viaggio verso la pienezza; viaggio
che inizia e finisce nel cuore di Dio. È un itinerario che parte dalla
solitudine e nel quale incontriamo non solo Dio ma anche il nostro vero io.
Qui, finalmente, la nostra inesauribile sete di comunione può sperare di essere
soddisfatta. Nella solitudine, infatti, non ci si stringe al proprio spirito,
ma si desidera ardentemente un altro spirito, non ci si rinchiude nel proprio
cuore, ma si sente l’estremo bisogno di un altro cuore. È la solitudine della
preghiera, in cui l’ascolto diventa obbedienza. «La solitudine è dove Gesù
ascoltava Dio. E dove noi ascoltiamo Dio. La solitudine è dove inizia la
comunità » (Una spiritualità per la vita, Queriniana 2017).
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