da: Il Fatto Quotidiano - di Nicola Borzi e Stefano Vergine
C’e un segreto dietro la fondazione di Bitfinex, tra le maggiori Borse globali di criptovalute, e Tether, la cosiddetta “banca centrale dell’ecosistema cripto” che gestisce l’omonima stablecoin legata alle valute forti che capitalizza 70 miliardi di dollari. Un segreto che lega il guru italiano delle criptovalute, Giancarlo Devasini, direttore finanziario di Bitfinex e Tether, e l’olandese Ludovicus Jan van der Velde, che delle due aziende è ad. Entrambi i top manager del gruppo cripto hanno gestito società che hanno fatto affari con l’olandese Gennaro “Rino” Platone. Il nome di Platone non dice nulla alla gente comune, ma pesa moltissimo per le polizie e le autorità fiscali dell’intera Europa.
Per anni Platone è stato il re di alcune tra le maggiori truffe sull’Iva nel Vecchio Continente, con un giro d’affari da mezzo miliardo di euro l’anno. Non a caso “Rino”, così elusivo che non si trova nemmeno una sua foto, ha sulle spalle molte condanne in Spagna e Germania, indagini in Olanda, Regno Unito e Italia. Il legame tra Platone e Devasini è la società Perpetual Action Group(Asia) Inc. e la sua controllata a Montecarlo, quello con van der Velde è Yuraku , gruppo attivo tra Singapore, Usa e Olanda. Devasini e van der Velde sono considerati i manager che hanno creato Tether dal nulla. Ma chi c’è dietro Tether? Documenti legali, sentenze, visure societarie hanno permesso al Fatto, insieme al consorzio di giornalismo investigativo Eic, di ricostruire la parte nascosta di questa storia.
Devasini è uno degli azionisti di Tether e Bitfinex. I nomi degli altri emergono da una causa civile intentata il 5 aprile 2017 negli Usa da Tether e Bitfinex contro la banca Wells Fargo , che aveva chiuso i rapporti alla società cripto. L’atto spiega che a controllare entrambe è DigFinex Inc, registrata alle Isole Vergini Britanniche: “Gli azionisti di DigFinex”, si legge, “sono Ludovicus Jan van der Velde, Giancarlo Devasini, Paolo Ardoino, Phil Potter, Stuart Hoegner e Perpetual Action Group (Asia) Inc”. Pag Asia è poi indirettamente azionista di Tether. La società cela alcuni soci di Tether. Da Pag Asia si arriva a Platone.
Fondata nel 2003 a Hong Kong e guidata da van der Velde dal 2006 ad aprile 2012, Pag Asia si chiama come Perpetual Action Group Monaco, società fondata sempre nel 2003. Come per Pag Asia, anche di Pag Monaco non sono pubblici gli azionisti. Ma la società monegasca è stata sciolta il 30 ottobre 2009 e gli anonimi soci hanno nominato come liquidatore Giancarlo Devasini. Secondo quanto dichiarato da Tether al Financial Times, Pag Monaco e Pag Asia non sarebbero state collegate, sebbene van der Velde e Devasini “fossero coinvolti con entrambe le aziende”. Ma scavando nei server del sito web di Pag Asia, oggi offline, emerge un’altra verità: nel 2009 Pag Monaco era la controllata in Europa della società di Hong Kong, che aveva impianti produttivi a Shenzen (Cina) e un’altra controllata in California. Dunque le due società erano nello stesso gruppo. Ma cosa c’entrano Platone e le frodi Iva da decine di milioni?
La risposta sta nelle 284 pagine dalla sentenza n. 13 del 4 maggio 2018, emessa dalla prima sezione penale della Audiencia Nacional, il tribunale di Madrid, sull’“operazione Medina”, la più grande frode carosello della storia spagnola, condotta da tre aziende tra cui la spagnola Infinity Systems, all’epoca delle indagini (2006) tra i maggiori rivenditori iberici di computer, con un fatturato di centinaia di milioni. L’“operazione Medina” riguardava così tanti imputati e società che l’Audiencia Nacional ha diviso il caso in cinque fascicoli, in totale 55 faldoni di documenti. La vicenda è durata fino a quest’anno: l’ultima di sette sentenze è del 25 febbraio 2022, quasi tutte definitive perché la Corte Suprema ha respinto i ricorsi di alcuni imputati, l’ultimo datato febbraio 2020.
L’inchiesta ha scoperchiato un business gestito da una rete sotterranea di aziende che importavano e commerciavano prodotti elettronici senza versare l’Iva, con un danno per il Fisco spagnolo stimato in 400 milioni di euro. Tra i protagonisti della frode c’è Platone, padre italiano e madre spagnola, nato il 26 dicembre 1972 in Olanda: il Tribunale di Madrid lo ha condannato a due anni e tre mesi: 21 mesi per tre frodi fiscali e 6 mesi per associazione a delinquere. A pagina 94 della sentenza si legge che “i contatti familiari e commerciali di Rino Platone in Europa, in particolare con le società Formosa in Svizzera, King Com Srl in Italia e Perpetual Action Group a Monaco hanno permesso alla [società spagnola] Infinity System di vendere a queste tre società e alla [società olandese] Facet Europe beni per un 54,6 milioni di euro nel 2005 e 38 milioni di euro nel 2006”.
Dunque, secondo i giudici spagnoli, negli anni 2000 Platone aveva contatti “familiari e commerciali” con Pag Monaco, l’impresa anonima di cui Devasini è diventato liquidatore nel 2009, nonché controllata europea di Pag Asia che nel 2017 era socia di Tether e Bitfinex.
Come raccontato dai giornalisti Dennis Mijnheer e Robert Kosters della testata olandese Follow the Money nell’inchiesta “Grand Theft Europe” del 4 luglio 2019, dalla cittadina olandese di Zoetermeer, dove era nato, il grossista di computer Gennaro “Rino” Platone è stato “per oltre 10 anni uno dei giocatori della Champions League delle frodi carosello internazionali sull’Iva”. Grazie all’import di prodotti elettronici da Cina e Asia, rivenduti in Europa, la sua holding olandese Facet fatturava fino a 500 milioni di euro l’anno. Nel 2005, all’apice del business, il patrimonio di Platone era di molti milioni, tanto da essere inserito tra i 15 uomini più ricchi dei Paesi Bassi. Ora Platone è in libertà condizionale per la sentenza di Madrid, ma è stato indagato per 62 frodi Iva e processato per 13 casi anche in Germania. Il 15 gennaio 2019 i giudici del tribunale tedesco di Augsburg hanno condannato Platone ad altri 2 anni e 10 mesi di reclusione per una frode che ha sottratto 60 milioni di euro all’erario tedesco. Le truffe dell’olandese di origine italiana sono state così numerose e rilevanti da diventare addirittura la base di una dottrina amministrativa della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, radicata nella causa Facet con la quale il 22 aprile 2010 l’Alta Corte ha concordato con l’Agenzia delle Entrate olandese di ritenere Platone responsabile di evasione fiscale.
Platone però non si è occupato solo di computer, ma anche di energie rinnovabili. Dalla seconda metà degli anni Duemila ha infatti investito nel marchio di schermi e pannelli solari Yuraku, con l’omonima holding olandese della quale è stato amministratore da maggio 2008 sino a fine 2009. Yuraku Holding controllava Yuraku Pte, società di produzione a Singapore. Dalla memoria del sito web della Yuraku Pte, oggi offline, emerge che l’azienda di Singapore a sua volta controllava Yuraku Srl (attiva nell’energia solare) a Settimo Milanese e la californiana Yuraku Usa. La società americana a sua volta è stata fondata a maggio 2008 e sciolta il 2 luglio 2012 proprio da Ludovicus Jan van der Velde, che ne è stato amministratore delegato. Il 15 dicembre 2009 una joint venture di Yuraku inaugurava due impianti solari da un megawatt ciascuno a Laterza (Taranto). Ma c’è di più: dal curriculum di un ex manager di questa società emerge un altro collegamento tra Devasini, van der Velde e Platone. Il dipendente, non indagato per queste vicende, da dicembre 2002 a dicembre 2005 era assunto come sales manager nell’olandese Facet Europe di Platone, poi da gennaio 2006 a novembre 2007 ha avuto lo stesso ruolo nella Pag Sam, la società monegasca amministrata da Devasini, e a dicembre 2007 è diventato direttore generale di Yuraku a Singapore che controllava la società Usa di van der Velde.
Il Fatto e il consorzio Eic hanno chiesto un commento su queste vicende a Tether, Bitfinex, Devasini, van der Velde e all’avvocato spagnolo di Platone. Nessuno di loro ha risposto alle domande.
Nessun commento:
Posta un commento