mercoledì 3 ottobre 2012

Gianluigi Nuzzi: Sua Santità, le carte segrete di Benedetto XVI / 3


La guerra per la cassaforte della Cattolica

Il 2011 è l’anno della guerra tra segreteria di Stato da una parte e Cei e curia ambrosiana dall’altra. La contesa si sviluppa tra le felpate stanze vaticane su due questioni nevralgiche. La guida finanziaria dell’Università cattolica di Milano e l’ambizioso progetto di creare un nuovo polo sanitario, con l’ospedale San Raffaele da unire al policlinico Gemelli di Roma e all’ospedale Bambin Gesù. Al centro dell’attenzione c’è il polmone finanziario che sostiene l’ateneo meneghino e l’ospedale della capitale: l’istituto Toniolo di Milano. Dal 2002, quando è stato scelto come rettore della Cattolica l’attuale ministro Lorenzo Ornaghi, il Toniolo è in mano a una maggioranza vicina più alla Chiesa italiana che alla curia romana, ieri Ruini, oggi Bagnasco. Il presidente del Toniolo è il cardinale Dionigi Tettamanzi, che nel 2011 lascerà al cardinale Scola la guida della diocesi di Milano. La chiave d’accesso alle finanze della Cattolica passerà di mano. Bertone si inserisce nella vicenda. Nel febbraio 2011 il segretario di Stato chiede a Tettamanzi di dimettersi dalla presidenza del Toniolo. Il ragionamento è semplice: ormai il patriarca  di Venezia Scola è stato scelto come arcivescovo di Milano, non ha più senso che Tettamanzi rimanga al vertice. Il segretario di Stato vorrebbe sostituirlo con l’ex ministro della Giustizia del governo Prodi, Giovanni Maria Flick. Tettamanzi non sente ragioni. Non se ne parla nemmeno, lui non si muove. Preferisce aspettare la fine dell’estate: allora s’incontrerà con Scola al suo arrivo in curia. Potrà così discutere con lui a quattr’occhi il cambiamento. Del resto, Tettamanzi raccoglie in sé un forte consenso. Il porporato va fiero della lettera che
Giovanni Paolo II gli aveva scritto il 7 giugno 2004 per confermarlo nell’incarico. La missiva metteva la parola fine a un precedente blitz partito da Roma, quando il predecessore di Bertone, Sodano, aveva cercato senza successo di portare il Toniolo sotto l’ombra e la cura dei sacri palazzi sottraendolo alla gestione meneghina.
Ma proprio per volere di Wojtila la presidenza del Toniolo resta affidata a Tettamanzi, dopo la gestione «romana» in mano al senatore a vita Emilio Colombo. Quest’ultimo rimase al vertice dal 1986 al 2003, quando fu coinvolto nell’inchiesta su droga e prostituzione chiamata «operazione Cleopatra», da cui è uscito senza alcuna conseguenza. Ai magistrati Colombo ammise di far uso di cocaina, affermando che la utilizzava per fini terapeutici, per poi uscire senza pendenze dalla vicenda.
Nella lettera del 2004 Wojtila confermava Tettamanzi e apriva un dialogo diretto, senza intermediari:

Nella mia costante sollecitudine per la vita e lo sviluppo dell’Università cattolica del Sacro Cuore e quindi dell’istituto Toniolo, ente fondatore e garante della medesima università, mi compiaccio di designare Vostra Eminenza quale rappresentante della Santa Sede nel comitato permanente dell’istituto. Sarò lieto che Vostra Eminenza mi riferisca personalmente sulle questioni di maggior rilievo che possano presentarsi nelle attività dell’istituto. Assicuro la mia preghiera per la cara università e impartisco di cuore la mia benedizione a Vostra Eminenza […].
Giovanni Paolo II

Ma questa volta il segretario di Stato è più forte. Può contare su un consolidato rapporto con il pontefice e si può appoggiare su alcuni presunti scandali che hanno diviso il Toniolo negli ultimi anni. In particolare, a Tettamanzi l’ex direttore attribuiva una «malagestione» dell’istituto, a iniziare dalla perdita di un finanziamento pubblico di 8 milioni per ampliare un collegio a Roma. L’arcivescovo di Milano replicò che quell’aiuto, in realtà di 2 milioni, era già stato respinto dal ministero dell’Università una prima volta e che i bilanci erano sani grazie al taglio di sprechi e privilegi.

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