La guerra per la cassaforte della
Cattolica
Il
2011 è l’anno della guerra tra segreteria di Stato da una parte e Cei e curia
ambrosiana dall’altra. La contesa si sviluppa tra le felpate stanze vaticane su
due questioni nevralgiche. La guida finanziaria dell’Università cattolica di
Milano e l’ambizioso progetto di creare un nuovo polo sanitario, con l’ospedale
San Raffaele da unire al policlinico Gemelli di Roma e all’ospedale Bambin
Gesù. Al centro dell’attenzione c’è il polmone finanziario che sostiene
l’ateneo meneghino e l’ospedale della capitale: l’istituto Toniolo di Milano. Dal
2002, quando è stato scelto come rettore della Cattolica l’attuale ministro Lorenzo
Ornaghi, il Toniolo è in mano a una maggioranza vicina più alla Chiesa italiana
che alla curia romana, ieri Ruini, oggi Bagnasco. Il presidente del Toniolo è
il cardinale Dionigi Tettamanzi, che nel 2011 lascerà al cardinale Scola la
guida della diocesi di Milano. La chiave d’accesso alle finanze della Cattolica
passerà di mano. Bertone si inserisce nella vicenda. Nel febbraio 2011 il
segretario di Stato chiede a Tettamanzi di dimettersi dalla presidenza del
Toniolo. Il ragionamento è semplice: ormai il patriarca di Venezia Scola è stato scelto come
arcivescovo di Milano, non ha più senso che Tettamanzi rimanga al vertice. Il
segretario di Stato vorrebbe sostituirlo con l’ex ministro della Giustizia del
governo Prodi, Giovanni Maria Flick. Tettamanzi non sente ragioni. Non se ne
parla nemmeno, lui non si muove. Preferisce aspettare la fine dell’estate:
allora s’incontrerà con Scola al suo arrivo in curia. Potrà così discutere con
lui a quattr’occhi il cambiamento. Del resto, Tettamanzi raccoglie in sé un
forte consenso. Il porporato va fiero della lettera che
Giovanni Paolo II gli
aveva scritto il 7 giugno 2004 per confermarlo nell’incarico. La missiva
metteva la parola fine a un precedente blitz partito da Roma, quando il
predecessore di Bertone, Sodano, aveva cercato senza successo di portare il
Toniolo sotto l’ombra e la cura dei sacri palazzi sottraendolo alla gestione
meneghina.
Ma
proprio per volere di Wojtila la presidenza del Toniolo resta affidata a
Tettamanzi, dopo la gestione «romana» in mano al senatore a vita Emilio
Colombo. Quest’ultimo rimase al vertice dal 1986 al 2003, quando fu coinvolto
nell’inchiesta su droga e prostituzione chiamata «operazione Cleopatra», da cui
è uscito senza alcuna conseguenza. Ai magistrati Colombo ammise di far uso di cocaina,
affermando che la utilizzava per fini terapeutici, per poi uscire senza
pendenze dalla vicenda.
Nella
lettera del 2004 Wojtila confermava Tettamanzi e apriva un dialogo diretto,
senza intermediari:
Nella
mia costante sollecitudine per la vita e lo sviluppo dell’Università cattolica
del Sacro Cuore e quindi dell’istituto Toniolo, ente fondatore e garante della
medesima università, mi compiaccio di designare Vostra Eminenza quale
rappresentante della Santa Sede nel comitato permanente dell’istituto. Sarò
lieto che Vostra Eminenza mi riferisca personalmente sulle questioni di maggior
rilievo che possano presentarsi nelle attività dell’istituto. Assicuro la mia
preghiera per la cara università e impartisco di cuore la mia benedizione a
Vostra Eminenza […].
Giovanni
Paolo II
Ma
questa volta il segretario di Stato è più forte. Può contare su un consolidato
rapporto con il pontefice e si può appoggiare su alcuni presunti scandali che
hanno diviso il Toniolo negli ultimi anni. In particolare, a Tettamanzi l’ex
direttore attribuiva una «malagestione» dell’istituto, a iniziare dalla perdita
di un finanziamento pubblico di 8 milioni per ampliare un collegio a Roma.
L’arcivescovo di Milano replicò che quell’aiuto, in realtà di 2 milioni, era
già stato respinto dal ministero dell’Università una prima volta e che i
bilanci erano sani grazie al taglio di sprechi e privilegi.
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