Quando i sintomi
del disagio si fanno evidenti, l’atteggiamento dei genitori e degli insegnanti
oscilla tra la coercizione dura - che può avere senso quando le promesse del
futuro sono garantite - e la seduzione di tipo commerciale di cui la cultura
consumistica che si va diffondendo è un invito.
Sennonché anche i
giovani di oggi devono fare il loro Edipo, devono cioè esplorare la loro
potenza, sperimentare i limiti della società, affrontare situazioni tipiche dei
riti di passaggio dell’adolescenza, tra cui uccidere simbolicamente l’autorità,
il padre. E siccome questo processo non può avvenire in famiglia dove, per
effetto dei rapporti contrattuali tra padri e figli, l’autorità non esiste più,
i giovani finiscono con il fare il loro Edipo con la polizia, scatenando nel
quartiere, allo stadio, nella città, nella società la violenza contenuta in famiglia.
Sono, questi, solo
degli esempi fra i molti che si potrebbero segnalare per mostrare il nesso tra
il passaggio storico del futuro come promessa al futuro come minaccia e le
manifestazioni psicopatologiche del disagio dei giovani che non riescono più a
percepire l’integrazione sociale, l’acquisizione dell’apprendimento,
l’investimento nei progetti come qualcosa di connesso a un loro desiderio
profondo, che è poi il desiderio di desiderare la vita.
A ciò si aggiunga
che le passioni tristi e il fatalismo non mancano di un certo fascino, ed è
facile farsi sedurre dal canto delle sirene della disperazione, assaporare
l’attesa del peggio, lasciarsi avvolgere dalla notte apocalittica che, dalla
minaccia nucleare a quella terroristica, cade come un cielo buio su tutti noi.
Ma è anche vero che le passioni tristi sono una costruzione, un modo di
interpretare la realtà, non la realtà stessa, che ha ancora in serbo delle
risorse se solo non ci facciamo irretire da quel significante oggi dominante
che è l’insicurezza.
Quel che è certo è
che la nostra epoca smaschera l’illusione della modernità che ha fatto credere
all’uomo di poter cambiare tutto secondo il suo volere. Non è così. Ma
l’insicurezza che ne deriva non deve portare la nostra società ad aderire massicciamente
a un discorso di tipo paranoico, in cui non si parla d’altro se non della
necessità di proteggersi e sopravvivere, perchè allora si arriva al punto che
la società si sente libera dai principi e dai divieti e, per effetto di questa
libertà, la barbarie è alle porte.
Se l’estirpazione
radicale dell’insicurezza appartiene ancora all’utopia modernista
dell’onnipotenza umana, la strada da seguire è un’altra: quella della
costruzione di legami affettivi e di solidarietà capaci di spingere le persone
fuori dall’isolamento nel quale la società tende a rinchiuderle, in nome degli
ideali individualistici che, a partire dall’America, si vanno paurosamente
diffondendo anche da noi.
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