mercoledì 9 novembre 2011

Umberto Galimberti: L’ospite inquietante / 4


L’epoca delle passioni tristi

[..] Per dirla con Spinoza, viviamo in un’epoca dominata da quelle che il filosofo chiama le “passioni tristi”, dove il riferimento non è al dolore o al pianto, ma all’impotenza, alla disgregazione e alla mancanza di senso, che fanno della crisi attuale qualcosa di diverso dalle altre a cui l’Occidente ha saputo adattarsi, perchè si tratta di una crisi dei fondamenti stessi della nostra civiltà.
Certo, nessuno va in un consultorio psicologico esordendo: “Buongiorno dottore, soffro molto a causa della crisi storica che stiamo attraversando”. In compenso i consultori sono quotidianamente sollecitati da genitori e insegnanti che non sanno più come far fronte all’indolenza dei loro figli o dei loro alunni, ai processi di demotivazione che li isolano nelle loro stanze a stordirsi le orecchie di musica, all’escalation della violenza, all’obnubilamento degli spinelli che intercalano ore di ignavia. Come ricondurre tutti questi sintomi alla “crisi storica”?
La mancanza di un futuro come promessa arresta il desiderio nell’assoluto presente. Meglio star bene e gratificarsi oggi se il domani è senza prospettiva. Ciò significa che nell’adolescente non si verifica più quel passaggio naturale dalla libido narcisistica (che investe sull’amore di sé) alla libido oggettuale (che investe sugli altri e sul mondo). Senza questo passaggio si corre il rischio di indurre gli adolescenti a studiare con motivazioni utilitaristiche impostando un’educazione finalizzata alla sopravvivenza, dove è implicito che “ci si salva da soli”, con conseguente affievolimento dei legami emotivi, sentimentali e sociali.
La mancanza di un futuro come promessa priva genitori e insegnanti dell’autorità di indicare la strada. Tra adolescenti e adulti si instaura allora un rapporto contrattualistico, per effetto del quale genitori e insegnanti si sentono continuamente tenuti a giustificare le loro scelte nei confronti del giovane, che accetta o meno ciò che gli viene proposto in un rapporto egualitario. Ma la relazione tra giovani e adulti non è simmetrica, e trattare l’adolescente come un proprio pari significa non contenerlo, e soprattutto lasciarlo solo di fronte alle proprie pulsioni e all’ansia che ne deriva. 

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