L’epoca delle
passioni tristi
[..] Per dirla con
Spinoza, viviamo in un’epoca dominata da quelle che il filosofo chiama le
“passioni tristi”, dove il riferimento non è al dolore o al pianto, ma
all’impotenza, alla disgregazione e alla mancanza di senso, che fanno della
crisi attuale qualcosa di diverso dalle altre a cui l’Occidente ha saputo
adattarsi, perchè si tratta di una crisi dei fondamenti stessi della nostra
civiltà.
Certo, nessuno va
in un consultorio psicologico esordendo: “Buongiorno dottore, soffro molto a
causa della crisi storica che stiamo attraversando”. In compenso i consultori
sono quotidianamente sollecitati da genitori e insegnanti che non sanno più
come far fronte all’indolenza dei loro figli o dei loro alunni, ai processi di
demotivazione che li isolano nelle loro stanze a stordirsi le orecchie di
musica, all’escalation della violenza, all’obnubilamento degli spinelli che
intercalano ore di ignavia. Come ricondurre tutti questi sintomi alla “crisi
storica”?
La mancanza di un
futuro come promessa arresta il desiderio nell’assoluto presente. Meglio star
bene e gratificarsi oggi se il domani è senza prospettiva. Ciò significa che
nell’adolescente non si verifica più quel passaggio naturale dalla libido
narcisistica (che investe sull’amore di sé) alla libido oggettuale (che investe
sugli altri e sul mondo). Senza questo passaggio si corre il rischio di indurre
gli adolescenti a studiare con motivazioni utilitaristiche impostando
un’educazione finalizzata alla sopravvivenza, dove è implicito che “ci si salva
da soli”, con conseguente affievolimento dei legami emotivi, sentimentali e
sociali.
La mancanza di un
futuro come promessa priva genitori e insegnanti dell’autorità di indicare la
strada. Tra adolescenti e adulti si instaura allora un rapporto
contrattualistico, per effetto del quale genitori e insegnanti si sentono
continuamente tenuti a giustificare le loro scelte nei confronti del giovane,
che accetta o meno ciò che gli viene proposto in un rapporto egualitario. Ma la
relazione tra giovani e adulti non è simmetrica, e trattare l’adolescente come
un proprio pari significa non contenerlo, e soprattutto lasciarlo solo di
fronte alle proprie pulsioni e all’ansia che ne deriva.
Nessun commento:
Posta un commento