[..] Il messaggio
della scuola, ma anche quello della televisione, è che “le droghe uccidono”.
Friggono a fuoco lento il cervello finché la frittata è fatta. Il rimedio è uno
solo: “Basta dire di no”. Un “no” che riesce facile solo a quelli che hanno già
detto no all’eccesso di immaginazione, alle vertigini della fantasia, alla
forza dell’emozione, all’abisso della disperazione, al bisogno spasmodico di
comunicazione. E dopo tutti questi no, che spesso molti giovani non sono in
grado di dire, possono anche dire di no alla droga.
Che significa
tutto questo? Significa che l’attenzione dev’essere spostata dalle conseguenze
dell’uso e dell’abuso delle droghe alle cause. E solo allora la droga può
apparire per quello che è: non una dipendenza diffusa su larga scala nel mondo
giovanile e non solo, ma un sintomo, se non addirittura un tentativo disperato
di rimedio ad un disagio che pare impossibile poter sopportare.
Se guardiamo le
cose da questo punto di vista è più istruttivo conoscere non solo i pericoli
connessi all’uso della droga, ma anche i piaceri dalla droga indotti. Perchè
solo la conoscenza dei piaceri assicurati, o anche solo promessi, può gettar
luce sulla qualità della sofferenza e del disagio che porta al consumo di
droghe.
Gli effetti
piacevoli dell’ecstasy possono sostanzialmente essere ridotti a due: il
sollievo della tensione muscolare e, come riferiva il dialogo tra due giovani,
il dissolversi delle paure. Il primo effetto, quello fisico, consente ai
giovani del sabato sera di ballare per trentasei ore senza avvertire la fatica.
Questo non significa che il corpo non si stanchi e che la fatica non si paghi,
semplicemente non se ha la sensazione. Tutto ciò non è una gran bella cosa,
perchè le soglie di dolore o di affaticamento sono lì ad avvertirci che non
possiamo fare del mostro corpo ciò che vogliamo, e che i deliri di onnipotenza,
anche se piacevoli, non cessano di essere deliri che, a effetto concluso, presentano
il conto.
Nessun commento:
Posta un commento