mercoledì 9 novembre 2011

Elisabeth Arnoulx De Pirey: De Gasperi / 4


[...] Essere civilmente e socialmente cristiani implica un duplice dovere per chi professa dei culti; non scandalizzare i poveri, non scandalizzare chi ha senso di dignità umana e di giustizia sociale.

Rivolgendosi ai democristiani:
[...] Voi costituite bensì un Partito, cioè una parte della Nazione, ma questa parte non è accampata nella Nazione per dominarla o per dividerla, ma è collocata in mezzo alla strada per servirla.

Affermerà che lo Stato è al di sopra dei partiti, lo Stato che assicura nell’ordine l’interesse di tutti, secondo le regole prestabilite del diritto.

La dura esperienza di vent’anni di vent’anni di dittatura ha confermato in lui il principio della democrazia, e, in un discorso ai giovani della Democrazia Cristiana, nel 1951, ricorda, citando Bergson, che la democrazia è di essenza evangelica. Ma aggiunge di aver visto diversi regimi: nessuno di loro è perfetto, ma la democrazia parlamentare è di gran lunga la meno peggio.

Quanto ai rapporti del Governo con la Chiesa, retti dai Patti del Laterano (che la nuova Costituzione ratificherà), seguono, in fondo, la formula cavouriana di libera Chiesa in libero Stato. Nella loro condotta politica, De Gasperi e i suoi colleghi, come cristiani, seguiranno la loro coscienza e la dottrina sociale della Chiesa, ma senza dipendere dal consiglio dell’autorità pastorale.
De Gasperi terrà molto a questo punto: il credente - afferma - agisce come cittadino nello spirito e nella lettera della Costituzione e impegna se stesso, la propria categoria, la propria classe sociale, il suo partito, ma non la Chiesa.
Uno dei suoi biografi scrive a questo proposito:

Nessuno dei capi di governo di quell’epoca, in Europa e in America, fu forse più religioso di De Gasperi; ma nessuno fu più geloso della distinzione tra religione e politica, quale era stata posta dal Vangelo. 

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