mercoledì 9 novembre 2011

Elisabeth Arnoulx De Pirey: De Gasperi / 5


Negli ultimi anni del suo governo e della sua vita De Gasperi si è impegnato con fervore straordinario a far comprendere all’Italia l’interesse e la necessità degli organismi europei e ad assecondare i suoi partner del movimento europeista. A partire dal 1947 non c’è discorso al Parlamento o ai diversi congressi che egli presiede in cui non si parli d’Europa. E soprattutto in Senato, nel novembre del 1950, quanti pregiudizi da abbattere, quante opposizioni da superare. Ci si prendeva gioco dei progetti europeistici, considerati miti, utopie. E il nazionalismo si sentiva urtato: il vecchio senatore Vittorio Emanuele Orlando non aveva dichiarato che voleva morire italiano e che detestava l’Europa?
I sostenitori dell’estrema sinistra, invece, pensano che De Gasperi voglia edificare una «piccola Europa clericale». Egli afferma, rivolgendosi all’onorevole Lussu:

[...] Se qui, dai banchi democratici cristiani sorgessero delle voci che dicessero: no, bisogna ricostituire la cristianità, il senso medioevale, o addirittura il Sacro Romano Impero, allora capirei che lei insorgesse, ma quando da parte di coloro che credono [...] si compie uno sforzo per inserirsi nella concezione più larga, umanitaria, e si cerca una ricostituzione in questa umanità dei legami [...] che sono andati perduti, voi, dovreste aderire a questo sforzo e allargare le braccia.
[...] Io dico che questo problema di dilatazione, di allargamento è il problema del progresso, perchè va parallelamente col progresso delle comunicazioni, col progresso del meccanismo in genere; è l’apertura verso l’avvenire. Non vi è dubbio altrimenti che non ci sarebbe che da rinserrarsi, diventare nazionalisti, cercare la soluzione a tutti i problemi dall’interno. Badate bene che quando diciamo che non siamo nazionalisti, lo intendiamo in questo senso, che vogliamo così trovare la soluzione di tutti i problemi attraverso la forza della nazione, attraverso l’iniziativa nazionale, non diciamo qualche cosa che limiti le nostre forze reali, che diminuisca, comprima o deprima il nostro sentimento nazionale italiano: la base di tutte le cooperazioni è la nazione in un consorzio di nazioni libere.

[..] Non vi parlerò dell’Italia, ma dell’Europa e non dell’Europa di ieri e di oggi, ma dell’Europa di domani, di quell’Europa di domani, di quell’Europa che vogliamo ideare, preparare e costruire. Che cosa s’intende fare quando si parla di federazione europea? Ecco all’ingrosso di che si tratta: di una specie di grande Svizzera, che comprende italiani, francesi e tedeschi: tutta gente divenuta pacifica, laboriosa e prospera. 

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