Negli ultimi anni
del suo governo e della sua vita De Gasperi si è impegnato con fervore
straordinario a far comprendere all’Italia l’interesse e la necessità degli
organismi europei e ad assecondare i suoi partner del movimento europeista. A
partire dal 1947 non c’è discorso al Parlamento o ai diversi congressi che egli
presiede in cui non si parli d’Europa. E soprattutto in Senato, nel novembre
del 1950, quanti pregiudizi da abbattere, quante opposizioni da superare. Ci si
prendeva gioco dei progetti europeistici, considerati miti, utopie. E il
nazionalismo si sentiva urtato: il vecchio senatore Vittorio Emanuele Orlando
non aveva dichiarato che voleva morire italiano e che detestava l’Europa?
I sostenitori
dell’estrema sinistra, invece, pensano che De Gasperi voglia edificare una
«piccola Europa clericale». Egli afferma, rivolgendosi all’onorevole Lussu:
[...] Se qui, dai
banchi democratici cristiani sorgessero delle voci che dicessero: no, bisogna
ricostituire la cristianità, il senso medioevale, o addirittura il Sacro Romano
Impero, allora capirei che lei insorgesse, ma quando da parte di coloro che
credono [...] si compie uno sforzo per inserirsi nella concezione più larga,
umanitaria, e si cerca una ricostituzione in questa umanità dei legami [...]
che sono andati perduti, voi, dovreste aderire a questo sforzo e allargare le
braccia.
[...] Io dico che
questo problema di dilatazione, di allargamento è il problema del progresso,
perchè va parallelamente col progresso delle comunicazioni, col progresso del
meccanismo in genere; è l’apertura verso l’avvenire. Non vi è dubbio altrimenti
che non ci sarebbe che da rinserrarsi, diventare nazionalisti, cercare la
soluzione a tutti i problemi dall’interno. Badate bene che quando diciamo che
non siamo nazionalisti, lo intendiamo in questo senso, che vogliamo così
trovare la soluzione di tutti i problemi attraverso la forza della nazione,
attraverso l’iniziativa nazionale, non diciamo qualche cosa che limiti le
nostre forze reali, che diminuisca, comprima o deprima il nostro sentimento
nazionale italiano: la base di tutte le cooperazioni è la nazione in un
consorzio di nazioni libere.
[..] Non vi
parlerò dell’Italia, ma dell’Europa e non dell’Europa di ieri e di oggi, ma
dell’Europa di domani, di quell’Europa di domani, di quell’Europa che vogliamo
ideare, preparare e costruire. Che cosa s’intende fare quando si parla di
federazione europea? Ecco all’ingrosso di che si tratta: di una specie di
grande Svizzera, che comprende italiani, francesi e tedeschi: tutta gente
divenuta pacifica, laboriosa e prospera.
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