Nell’inverno del
1962 il gelo non conobbe cali. Solo verso i primi di marzo allentò la sua
morsa. Le stalattiti di ghiaccio che s’erano formate sulle rocce lungo la
strada statale cominciarono a sciogliersi. Qualche profumo cominciò a
insaporire l’aria, tranne che nei pressi di piazza Grossi, dove l’odore di
fogna, scomparso col gelo, si ripresentò, forte come non mai. Questi segnali,
odor di fogna compreso, fecero credere che l’inverno fosse definitivamente
finito e, complice l’arrivo del Carnevale, il paese riacquistò una certa
vitalità.
La mattina di
martedì grasso, con una certa baldanza e senza preavvisare, Osvaldo Pereni si
presentò, attorno alle setta e trenta, nel tinello di Iole: il locale era il
più piccolo della casa, arredato come una miniatura con due piccole
poltroncine, un basso tavolino ricoperto da una tovaglia di pizzo, una
vetrinetta contenente i servizi buoni, qualche quadretto di paesaggi alle
pareti. Il televisore, severo come un ospite di riguardo occupava un angolo
della stanza, appoggiato su un mobile bar che Iole aveva recuperato dalla
soffitta.
«Bene», disse il
Pereni, «vediamo un pò.» E cominciò a guardarsi in giro con aria professorale,
socchiudendo gli occhi come se cercasse di distinguere nell’aria della stanza
le onde radiotelevisive.
L’ispezione durò
qualche minuto, dopodiché il tecnico diagnosticò che la zona dove Iole abitava
era malservita dai segnali televisivi.
«Farò l’impianto
sul terrazzino», decise infine, aggiungendo che si trattava di un impianto
ancora provvisorio.
«Ma come?»
inorridì Iole.
Il Pereni sorrise,
sufficiente.
«Ci vorrebbe
l’antenna centrale!»
Iole accennò di sì
e si dispose a seguire i lavori dell’uomo.
«E’ strano»,
osservò a un certo punto, «ero convinta che queste fosse una delle zone
migliori per ricevere la televisione. Là c’è il ripetitore», e indicò il bianco
cartellone che mandava bagliori dalla brulla cima del monte Bregagno, sulla
sponda opposta del lago, «e in mezzo non c'è niente che possa dare fatidio.»
Il Pereni
pungolato dall’osservazione, puntò il cacciavite in direzione dell’impiegata.
«Ah no?» chiese
superiore.
«C’è il lago...»
«Appunto!» fece il
Pereni e con il cacciavite indicò il ripetitore.
«Le onde della
televisione vengono da lì ma siccome non riescono ad arrivare direttamente si
riflettono sulla superficie del lago. Se il lago è alto arrivano in un modo, se
è basso in un altro: ci vorrebbe un ripetitore più potente o che il lago fosse
sempre alla stessa altezza!»
Iole disse che
aveva capito.
«Quindi»,
interloquì, «quando vedo male la tivù cosa faccio? Provo a spostare un pò in su
e in giù l’antenna?»
«Provi», mormorò
il Pereni riprendendo il lavoro. Finito l’impianto, e dopo aver rimirato
l’antenna come se fosse un monumento, il tecnico accettò di accomodarsi un
minuto e di bere un bicchierino di Ferro China Bisleri.
Sedettero entrambi
davanti al televisore acceso: Iole aveva gli occhi incollati al monoscopio
della Rai finalmente limpido e fermo.
«Va allo
spettacolo questa sera?» le chiese il Pereni.
Si riferiva alla
serata musicale in programma per la sera di martedì grasso presso il
cinema-teatro Casa del Popolo: suonava un’orchestrina di bellanesi, i Remigini,
e ci sarebbe stata l’estrazione dei premi della lotteria della Croce Rossa.
Iole si riscosse: per l’arrivo del tecnico s’era completamente dimenticata
dell’ufficio: era già in ritardo.
«No!» rispose
frettolosamente. «Aspettiamo un’ispezione questa settimana, il segretario vuole
che siamo tutti presenti un quarto d’ora prima dell’orario. Non posso
permettermi di fare tardi.»
Il Pereni era già
in piedi mentre Iole finiva di parlare. Aveva il conto dell’impianto già pronto
in tasca e, dopo aver riscosso, se ne andò fischiettando, senza aver concesso
sconti e senza aver chiuso la porta di casa.
Nessun commento:
Posta un commento