mercoledì 9 novembre 2011

Andrea Vitali: Un amore di zitella / 4


Nell’inverno del 1962 il gelo non conobbe cali. Solo verso i primi di marzo allentò la sua morsa. Le stalattiti di ghiaccio che s’erano formate sulle rocce lungo la strada statale cominciarono a sciogliersi. Qualche profumo cominciò a insaporire l’aria, tranne che nei pressi di piazza Grossi, dove l’odore di fogna, scomparso col gelo, si ripresentò, forte come non mai. Questi segnali, odor di fogna compreso, fecero credere che l’inverno fosse definitivamente finito e, complice l’arrivo del Carnevale, il paese riacquistò una certa vitalità.
La mattina di martedì grasso, con una certa baldanza e senza preavvisare, Osvaldo Pereni si presentò, attorno alle setta e trenta, nel tinello di Iole: il locale era il più piccolo della casa, arredato come una miniatura con due piccole poltroncine, un basso tavolino ricoperto da una tovaglia di pizzo, una vetrinetta contenente i servizi buoni, qualche quadretto di paesaggi alle pareti. Il televisore, severo come un ospite di riguardo occupava un angolo della stanza, appoggiato su un mobile bar che Iole aveva recuperato dalla soffitta.
«Bene», disse il Pereni, «vediamo un pò.» E cominciò a guardarsi in giro con aria professorale, socchiudendo gli occhi come se cercasse di distinguere nell’aria della stanza le onde radiotelevisive.
L’ispezione durò qualche minuto, dopodiché il tecnico diagnosticò che la zona dove Iole abitava era malservita dai segnali televisivi.
«Farò l’impianto sul terrazzino», decise infine, aggiungendo che si trattava di un impianto ancora provvisorio.
«Ma come?» inorridì Iole.           
Il Pereni sorrise, sufficiente.
«Ci vorrebbe l’antenna centrale!»
Iole accennò di sì e si dispose a seguire i lavori dell’uomo. 
«E’ strano», osservò a un certo punto, «ero convinta che queste fosse una delle zone migliori per ricevere la televisione. Là c’è il ripetitore», e indicò il bianco cartellone che mandava bagliori dalla brulla cima del monte Bregagno, sulla sponda opposta del lago, «e in mezzo non c'è niente che possa dare fatidio.»
Il Pereni pungolato dall’osservazione, puntò il cacciavite in direzione dell’impiegata.
«Ah no?» chiese superiore.
«C’è il lago...»
«Appunto!» fece il Pereni e con il cacciavite indicò il ripetitore.
«Le onde della televisione vengono da lì ma siccome non riescono ad arrivare direttamente si riflettono sulla superficie del lago. Se il lago è alto arrivano in un modo, se è basso in un altro: ci vorrebbe un ripetitore più potente o che il lago fosse sempre alla stessa altezza!»
Iole disse che aveva capito.
«Quindi», interloquì, «quando vedo male la tivù cosa faccio? Provo a spostare un pò in su e in giù l’antenna?»
«Provi», mormorò il Pereni riprendendo il lavoro. Finito l’impianto, e dopo aver rimirato l’antenna come se fosse un monumento, il tecnico accettò di accomodarsi un minuto e di bere un bicchierino di Ferro China Bisleri.
Sedettero entrambi davanti al televisore acceso: Iole aveva gli occhi incollati al monoscopio della Rai finalmente limpido e fermo.
«Va allo spettacolo questa sera?» le chiese il Pereni.
Si riferiva alla serata musicale in programma per la sera di martedì grasso presso il cinema-teatro Casa del Popolo: suonava un’orchestrina di bellanesi, i Remigini, e ci sarebbe stata l’estrazione dei premi della lotteria della Croce Rossa. Iole si riscosse: per l’arrivo del tecnico s’era completamente dimenticata dell’ufficio: era già in ritardo.
«No!» rispose frettolosamente. «Aspettiamo un’ispezione questa settimana, il segretario vuole che siamo tutti presenti un quarto d’ora prima dell’orario. Non posso permettermi di fare tardi.»
Il Pereni era già in piedi mentre Iole finiva di parlare. Aveva il conto dell’impianto già pronto in tasca e, dopo aver riscosso, se ne andò fischiettando, senza aver concesso sconti e senza aver chiuso la porta di casa.

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