venerdì 30 novembre 2018

Stefano Feltri: Reddito di cittadinanza, il problema sono i poveri non le tessere



Chi stamperà le tessere ricaricabili è l’ultimo dei problemi del reddito di cittadinanza. Il progetto continua a restare fumoso nei suoi tratti fondamentali ma emergono già alcune serie questioni cui i Cinque Stelle dovrebbero porre rimedio finché sono ancora in tempo.

Secondo il Sole 24 Ore, nelle prime bozze del decreto legge sul reddito sono previsti incentivi per le imprese che assumono disoccupati di lunga durata, sopra i 24 mesi, pari a sei mensilità, tre mensilità per tutte le altre assunzioni.

Per non fare il bis di quanto visto negli anni renziani – incentivi a pioggia – bisogna assicurarsi che questi soldi vadano soltanto per assunzioni aggiuntive rispetto agli organici attuali. Oppure si cade nel solito rischio di trasformare l’incentivo in un mero sussidio: l’impresa non riconferma un contratto a termine (magari proprio per i nuovi vincoli del decreto Dignità) e assume il disoccupato beneficiario del reddito di cittadinanza. Zero nuova occupazione, ma risparmia. E per le mansioni a basso valore aggiunto, in cui la formazione acquisita vale poco, tutto il guadagno è per l’impresa mentre l’occupazione non aumenta. Da dove arriveranno questi soldi? Se dai 7,1 miliardi previsti per il reddito di cittadinanza (e non si vede da dove altro potrebbero arrivare, visto che nuovi stanziamenti sono esclusi), la platea dei beneficiari potenziali del sussidio si restringerebbe di molto.


Ora, il fatto che il numero di italiani che riceverà il reddito di cittadinanza possa essere, soprattutto all’inizio, molto limitato non è una tragedia. L’importante è che siano quelli giusti, cioè i più poveri. Secondo i calcoli dell’Alleanza contro la povertà, per sollevare le famiglie dalla povertà assoluto – l’incapacità di acquistare un paniere di beni e servizi essenziali – basta alzare l’importo medio mensile dell’attuale Reddito di inclusione (quello del governo Gentiloni) da 206 a 396 euro al mese. Per un single significa passare da 150 a 316 euro, per un nucleo di quattro persone da 263 a 454. “Il principio guida è l’adeguatezza: nessuno deve più restare privo delle risorse necessarie a raggiungere una condizione di vita minimamente accettabile, cioè ad uscire dalla povertà assoluta”, scrive l’Alleanza nel documento presentato al governo.

Nessun commento:

Posta un commento