domenica 18 novembre 2018

Fulvio Abbate: “Per capire il paese reale vinci l’orrore, e guarda ‘Uomini e donne’



Ode al programma che più di ogni altro definisce le dinamiche sociali e amorose del Belpaese, il vero capolavoro di Berlusconi e Maria De Filippi. Che non è trash. È la realtà italiana

Poche cose al mondo della nostra televisione credo sappiano raccontare l’Italia, i suoi balconi affacciati sulle umane attese, allo stesso modo di “Uomini e donne”, capolavoro mediatico di Maria De Filippi, un dating show pomeridiano da lei condotto con distaccato interesse, postura da attesa dell’aliscafo sui gradini, Canale 5, fascia cruciale per un pubblico sinceramente, spietatamente popolare.

Lo scrittore Goffredo Parise, commentando le foto del barone Von Gloeden, aristocratico omosessuale tedesco che tra ‘800 e ‘900 amava ritrarre nudi i ragazzi di Taormina ispirandosi alla Grecia e all’Arcadia, provò a ravvisare in quei volti i progenitori dei nostri contemporanei, destinati a diventare chi assessore e chi carabiniere. I pronipoti dei fauni ritratti dal barone si sono forse spettacolarmente reincarnati nelle creature presenti negli studi dove Maria De Filippi li rende “tronisti” o “troniste”, ancora meglio se “Over”, spettacolo dedicato agli ultraquarantenni e perfino più su; i protagonisti di “Uomini e donne” sono infatti lo spietato
terminale antropologico dell’“orgogliosa razza italica”, i nostri parenti, i nostri vicini, i nostri cognati, i nostri zii e zie, talvolta perfino noi stessi, i volti “lavorati” dai nostri cugini che, metti, hanno scelto di diventare parrucchieri e visagisti, non certo dedicarsi alla lettura dei “Sillabari” del citato Parise, e ancor meno di Pasolini dell'omologazione culturale.

Provo a dirla meglio: maschio e femmina medi, curati nei dettagli fin dalla barba, metti, come un Massimo Bossetti o una dirimpettaia procace, visi perfetti per figurare se non proprio nell’osceno leggendario “Autoscatto” di un tempo, piuttosto nella platea dei protagonisti del “Trono Over”, nome e bocciolo di rosa al petto; pronti, lui, lei, l’altro, l’altra e ogni altro ancora, a rendere l’idea di una “romantica” assemblea condominiale: incontrarsi, studiarsi, scrutarsi, piacersi, blandirsi, scazzare, mettere il muso, sentirsi talvolta un ca*** e un barattolo, come dicono a Roma. Così nel gioco dell’oca e dell’oco del corteggiamento davanti alle telecamere, e ancora precipitare giù dallo scivolo del (presunto) “fascino” maschile o femminile, dove questa parola, un tempo magica, si carica di doverosa banalità.

Sarebbe tuttavia un errore catalogare il tutto sotto la voce perfino edificante del trash, magari pensando che le liti tra Gemma Galgani e Tina Cipollari, o la presenza di Gianni Sperti, summa di ballerino sedentario, siano il sale di Uomini e donne.
È semmai l’insieme a dare solennità: lo Stivale dei maschi e delle femmine italici che, come la foresta di Macbeth, si muove prodigiosamente per mostrarsi e finalmente accedere - direbbe la canzone dei Matia Bazar - a un’ora d’amore. Aggiungo che il momento più alto della trasmissione, ripeto, da Maria De Filippi condotta con distaccata perizia da sala d'attesa, non inquadra tanto i fregni (i “tronisti”, vedi: Costantino Vitagliano, forse l’unico vero erede di Rodolfo Valentino che la tv abbia mai saputo generare) destinati infine al gradino superiore del Grande Fratello, il vero picco semmai giunge, appunto, con il Trono Over, i vecchi, i non più giovani, le tardone, le milf, carburante da sempre dell’onanismo nazionale.

Chi scrive, vanta una ipnotica frequentazione di Uomini e donne, da quando a brillare accanto a Tina c’era “la signora Claudia” Montanarini, sorta di Catherine Deneuve di Vigna Stelluti o forse via Cola di Rienzo, luoghi assoluti della topografia capitolina, dove quest’ultima ambiva alla mano di Roberto, che, a sua volta, offriva alla dama un anello con “brillocco”, non se ne fece nulla, così, poco dopo, giunse Benny, cioè Benedetto, palermitano, ballerino convinto, passi da scimmia di Villa d’Orléans; Benny addirittura rilanciava portando in dote un appartamento, aprezzabili le immagini di sfondo del “villino” di città che il cavaliere sicano offriva alla fortunata, Benny non giovanissimo, alla frase: «Sarebbe bello avere anche dei figli», con strascico d’accento da impiegato di concetto dell’Enasarco, tuttavia chiosò: «Questo mi pare un po’ difficile».

Soffermarsi sulle prime, le seconde e le terze file di chi è giunto in studio per corteggiare o magari essere corteggiato, notato, conquistare un tozzo di attenzione, un miracolo per maschi e femmine non più freschi, esponenti tutti di un’Italia da libretto della pensione nel comodino, la mobilia di fòrmica in cucina a fare da fondale. Domanda: è forse un’agenzia matrimoniale o si tratta piuttosto dell’eco delle canzoni afflitte di Aznavour?

Gli uomini sono gli stessi che, nelle proprie villette, al piano interrato, non hanno potuto fare a meno di prevedere, già in fase di costruzione, una stanza da battezzare “tavernetta”, le pareti magari foderate di sughero, come già Marcel Proust, possibile sala da pranzo per gustare il Pata Negra o anche da trasformare in alcova, le mutandine verde malva della dama rimaste sul pavimento. Le donne che sognano le estati all’agriturismo “Il Tucano” o al villaggio turistico, a sera l’abito lungo e la pochette per danzare, dopo avere passato magari il pomeriggio al minigolf; le nostre zie, i nostri zii…

A volte penso che il vero capolavoro della televisione di Silvio Berlusconi sia proprio Uomini e donne, chissà se è Maria De Filippi ne è cosciente, non Amici o C’è posta per te, non Stranamore, non Drive In. Certi giorni, muovendo da quel format torna in mente un collega di mio padre, i capelli un po’ lunghi sulle spalle, la Porsche, il maglione mod “Coppa Davis” annodato sulle spalle, immagino proprio lui tra i partecipanti, improbabile eppure corteggiato, intuisco che a un certo punto inviti a ballare Gemma o chi per lei, trovo quasi lo sguardo di invidia di Antonio Jorio (già, che fine ha fatto Antonio, che poteva pure vantarsi romanziere?), il fascino del brizzolato, un frasario assai povero e tuttavia che conquista, «…lo sa che sei tanto bella!», «…come sei romantico», e poi, «…balliamo? Sì, balliamo», se non Aznavour perfino un brano di Adele, le mani di lei sul collo di lui, «la tua giacca sul mio viso…».

Certi giorni penso che sarebbe bello trovare un modo, camuffato, i baffi finti, per stare tra il pubblico, osservarli da vicino: Gemma Galgani, che in una foto d'anni fa si accompagnava a Walter Chiari, insieme allo stadio o magari all'ippodromo, già, più uno scatto da ippodromo. Mi immagino a osservare ogni dettaglio, deferente mentre chiedo l’autografo a Tina, infine provare a domandare che sorte abbia avuto Elga Profili, che ricordo procace, avvocatessa e marchigiana. Mi immagino perso nel Mercante in Fiera, il mazzo dell’attesa dell’amore, non Stambecco o Giapponesina o Lattante o Mietitrice, semmai vistosi orecchini, gilet, barbe ritagliate, i pantaloni troppo corti che mostrano le caviglie, e poi l’ambito Rocco. Dove risiede il fascino del cinquantenne Rocco? E che pensieri avranno Sossio, Raffaele, Davide, Gian Battista, Luciano, Sebastiano e Roberto (non quello dell’anello, ma uno nuovo, un altro ancora) e Gerardo, e poi sul lato opposto Cosima, Andreina e tutte le altre?

Adesso che è il momento di ballare spicca però soltanto la giacca scacchi da amministratore di condominio di Paolo, e su tutto le cosce e le sopracciglia di Roberta, sarà poi vero che lei stia cercando un nuovo compagno o le basti piuttosto la soddisfazione d’essere indicata in strada: «…la vedi, quella? È Roberta di Uomini e donne, che fregn..!» Guardi ancora e ti domandi se, amore a parte, penseranno qualcosa anche di Salvini e del suo “decreto sicurezza”, e dello sgombero di Baobab e del reddito di cittadinanza o di inclusione e Renzi e Paola Taverna, e chissà se alcuni di loro sono mai andato a Predappio, alla tomba di Mussolini, o piuttosto se quell’altro era al funerale di Berlinguer?

Che ne sarà di Gianluca, Roberta, Ursula e Luisa, che assomiglia alla Vanoni, e che strazio quando la regia fa arrivare il brano sentimentale di Biagio Antonacci per ancora abbracciarsi, e solo in due, lui e lei ancora, restano seduti, come alle feste da ragazzi, quando nessuno veniva a invitarti a ballare.

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