venerdì 23 novembre 2018

Raj Patel, economista pentito della Banca Mondiale: “Chicken nugget e salario minimo di Amazon uccidono il pianeta”.



Condivido e sottoscrivo, in particolare, queste parole: "Più che pensare a colonizzare Marte (come sta provando a fare Elon Musk) o a trasferirci sulla Luna (come immaginato da Jeff Bezos) perché le risorse si stanno esaurendo o la vita diventerà sempre più difficile, bisogna lavorare duramente per cambiare il sistema economico e sociale attuale che abita il nostro pianeta, restituendo dignità alle persone che ci vivono e lavorano. La corsa alla conquista dello spazio, che a seconda dei punti di vista può essere letta come la forma massima di esplorazione ma anche quella più estrema di colonialismo, non è certo la soluzione ai nostri problemi".


da: https://it.businessinsider.com/    

‘Chicken nugget e salario minimo di Amazon uccidono il pianeta’. Parla Raj Patel, economista pentito della Banca Mondiale
di Marco Cimminella

Se è vero che l’uomo è ciò che mangia, allora il capitalismo estremo ci ha ridotto davvero male. Perché per far arricchire pochi, in molti hanno dovuto accontentarsi di salari miseri, cibo a basso costo e scarse cure mediche. E tutti ora dobbiamo affrontare le conseguenze di scelte poco sostenibili, che hanno devastato l’ambiente in cui viviamo, contribuendo a quel riscaldamento globale che di fatto minaccia la sopravvivenza del genere umano.
È un meccanismo che va avanti da tempo, dalla scoperta del nuovo mondo di Cristoforo Colombo secondo il professore Raj Patel, attivista ed esperto di crisi alimentare mondiale. E che continua ancora oggi: “Ci sono delle somiglianze”, ci spiega Patel, tra le modalità di sfruttamento delle risorse (umane e materiali) adottate dai conquistatori europei dopo il 1492 e il modo in cui, oggi, i fondatori di colossi internazionali – da Jeff Bezos a Elon Musk – hanno impostato il lavoro e strutturato il proprio modello di business.


Si tratta di un modo di produrre e consumare, e di trarre profitto da queste attività, che si basa sullo sfruttamento di sette cose che rendono il capitalismo possibile: natura, lavoro, cure, cibo, energia, soldi e vite umane. Il professore all’Università del Texas ha scritto un libro su questo sistema, “A History of the World in Seven Cheap Things (Una storia del mondo in 7 cose a basso costo)”, raccontato attraverso la metafora dei chicken nuggets. “È il simbolo della nostra era”, secondo Patel, economista che ha lavorato in passato per la Banca Mondiale, l’Organizzazione mondiale del Commercio e le Nazioni Unite, prima di sviluppare un atteggiamento piuttosto critico nei confronti di queste istituzioni. Insieme ad altri esperti di sviluppo sostenibile, prenderà parte al 9° forum internazionale su alimentazione e nutrizione, organizzato dal Barilla Center for Food & Nutrition, e che si terrà a Milano al Pirelli Hangar Bicocca il 27 e 28 novembre per promuovere lo sviluppo di modelli sostenibili sull’uso del suolo in agricoltura, nell’industria, nelle città e nelle comunità.

Le imprese capitaliste devono fare profitti, sottolinea Patel: per raggiungere questo obiettivo, devono trattare certe persone come risorse da usare, “come se valessero meno di altre”. Non solo; necessitano di prestiti con basso tasso d’interesse per finanziare le proprie attività. E hanno bisogno di energia a basso costo; da qui, l’importanza dei sussidi ai combustibili fossili: come mostra l’ultimo rapporto dell’Oil Change International, che ha fatto un’indagine sui sussidi all’industria energetica statunitense, tra il 2015 e il 2016 il governo federale ha fornito 14,7 miliardi di dollari all’anno ai comparti del petrolio, del gas e del carbone, che si aggiungono ai 5,8 miliardi di incentivi concessi a livello statale.

E i nugget mostrano perfettamente questo meccanismo. “Il pollo di oggi non ha nulla a che vedere con quello ‘selvaggio'”, fa notare Patel: vale a dire, con quell’esemplare che troveresti nel mondo se non trasformassi la natura in una macchina che deve generare profitto. “Hanno un petto enorme – continua -, così grande che non riescono neppure a camminare. Una volta allevato, devi processarlo e trasformare la sua carne nell’effettivo nugget che deve essere venduto. E per far questo, l’azienda ha bisogno di dipendenti pagati poco“.

E in effetti negli Stati Uniti la situazione è proprio questa: “Per ogni dollaro speso per un pollo da fast food, solo due centesimi finiscono ai lavoratori del settore“, chiarisce Patel. Una condizione non certo vantaggiosa: anche chi ha bisogno di lavoro fa fatica ad accettare. Al punto che i produttori hanno cominciato a rifornirsi di personale direttamente dalle carceri o “dai centri di riabilitazione per alcolisti e tossicodipendenti, pagandoli ancora meno o non pagandoli affatto”, ci spiega.

E poi ci si può far male lavorando la carne, a causa dei movimenti ripetitivi lungo la linea di produzione. “Il lavoro a basso costo ha bisogno di cure a basso costo, quel tipo di attività domestica solitamente compiuta dalle donne gratuitamente”. E conclude il ragionamento: “Si arriva all’ultimo passaggio. Affinché questa situazione duri più tempo possibile, anche il cibo deve essere a basso costo, perché aiuta a mantenere gli stipendi sufficientemente bassi: quel pollo diventa un modo per sopravvivere un altro giorno“. E così il ciclo del chicken nugget è compiuto: “Questo piccolo oggetto è l’esempio perfetto delle sette cose di cui il capitalismo ha bisogno per perpetuarsi”.

Per Patel, il capitalismo è proceduto di pari passo con il colonialismo: le sue radici antiche devono infatti essere rintracciate nel viaggio di Colombo in America, lì dove gli europei hanno trovato risorse naturali e indigeni da convertire in forza lavoro da sfruttare. Un processo che continua a presentarsi adesso, in forme e modi ovviamente differenti. “Diversi casi hanno mostrato le difficili condizioni di lavoro di molti dipendenti delle fabbriche di Amazon e Tesla. Certo, non possono essere definiti episodi di moderna schiavitù in senso stretto. Ma se consideriamo l’origine dei metalli e risorse impiegate per fabbricare i loro prodotti, alcuni di questi vengono proprio da luoghi in cui la moderna schiavitù ancora esiste. E da cui quindi traggono un profitto, anche se indirettamente”.

Questo meccanismo capitalistico però si sta inceppando. Da un lato, perché i lavoratori si organizzano e combattono per migliori condizioni retributive e sociali. Dall’altro, perché il modello produttivo e consumistico basato su una natura a basso costo da sfruttare sta implodendo: le conseguenze del riscaldamento globale sono sotto gli occhi di tutti. “Qui negli Stati Uniti – ci spiega il professore – la buona notizia è che qualcosa si sta muovendo: ad esempio, Amazon ha accettato di alzare la soglia del salario minimo a 15 dollari all’ora. Certo non è sufficiente: perché non tutti lavorano per il colosso di Jeff Bezos e perché comunque 15 dollari all’ora non sono abbastanza. E anche se lo fossero, il nostro pianeta si sta inesorabilmente dirigendo verso un destino catastrofico a causa del cambiamento climatico“.

Più che pensare a colonizzare Marte (come sta provando a fare Elon Musk) o a trasferirci sulla Luna (come immaginato da Jeff Bezos) perché le risorse si stanno esaurendo o la vita diventerà sempre più difficile, bisogna lavorare duramente per cambiare il sistema economico e sociale attuale che abita il nostro pianeta, restituendo dignità alle persone che ci vivono e lavorano. La corsa alla conquista dello spazio, che a seconda dei punti di vista può essere letta come la forma massima di esplorazione ma anche quella più estrema di colonialismo, non è certo la soluzione ai nostri problemi.

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