mercoledì 16 novembre 2016

Referendum 4 dicembre 2016, Riforma Costituzionale / 4: la mia conclusione…

Nel post sottostante le osservazioni in dettaglio sul testo della riforma, di seguito riepilogo i punti essenziali e la conclusione....

- Alcuni articoli sono scritti in modo prolisso, contorto, alimentando confusione con annessi rischi che aumentino i ricorsi alla Corte Costituzionale. Ciò produrrà rallentamenti nell’azione esecutiva e legislativa. L’articolo 70 ne è una dimostrazione ma ancor peggio l’articolo 72, che dev’essere stato scritto nelle vicinanze di un campo di oppio;

- Alcuni articoli contengono invece principi che per essere applicati richiedono successive norme attuative: regolamenti, leggi. Non vi è garanzia che queste norme saranno fatte in tempi brevi e anche in questo caso potrebbero sorgere differenti interpretazioni. Vedi articolo 71 terzo e quarto comma. Enunciazioni di principio sulle facoltà del popolo italiano che rimarranno sulla carta perché dovranno essere scritti e approvati regolamenti e quant’altro;

- Questa riforma serve soprattutto per rafforzare i poteri dell’esecutivo, cioè del Governo. Considerando l’abuso del decreto legge che si è fatto soprattutto dai governi Berlusconi in avanti per arrivare all’approvazione senza modifiche e rapidamente dei provvedimenti, era opportuno intervenire con norme per consentire un percorso preferenziale e più rapido. Da qui a rendere però il ruolo del Senato una farsa e prevedere una Camera in cui la maggioranza non farà che “ratificare” quanto arriverà dal presidente del Consiglio ce ne corre. La Camera approverà i provvedimenti del Governo e
voterà la fiducia. Le opposizioni dovranno affidarsi al “buon cuore” della maggioranza che, se vorrà, potrà accettare le loro proposte, così come potrà accettare le proposte eventualmente presentate entro 30 giorni dal Senato o 15 o 10 in relazione alla tipologia di provvedimento.  

- Per quanto riguarda l’accentramento di attribuzioni che erano state decentrate (art.117) alle Regioni, anche in questo caso, si può condividere che alcune materie siano riportate allo Stato centrale ma non vi è la garanzia, data la formulazione del testo, che si evitino ricorsi su alcuni aspetti che potrebbero essere di competenza Stato o Enti Territoriali (Regioni, Comuni).
Inoltre, chiedere alle Regioni di rispettare vincoli di bilancio e ridurgli talune competenze mi pare complicare la vita degli amministratori locali e a pagarne le conseguenze saranno i cittadini che subiranno disservizi.
Se la volontà di riaccentrare è quella di rendere omogenei gli aspetti gestionali delle Regioni, ottimizzare, ridurre spese, è da vedersi se l’articolo 117 e le successive leggi che ne dovranno dare concretamente attuazione (lo spostamento di attribuzioni non si fa certo con un solo articolo in Costituzione) ci riuscirà. Ma, soprattutto, è discutibile la modalità di formulazione del testo. Quando si entra nel dettaglio, non bisogna dimenticare nulla né lasciare spazi alle interpretazioni. Altrimenti, conviene scrivere principi sintetici e rimandare specificando però modalità e tempi precisi (perché i tempi precisi dovrebbero valere solo per il Senato?) all’emanazione di leggi e regolamenti le norme attuative dell’applicazione delle competenze tra Stato e Regioni.  

- E poi c’è la legge elettorale: l’Italicum. Assegna un premio di maggioranza a chi raggiunge il 40% dei voti al primo turno. Qualora nessun partito raggiunga il 40% si va al ballottaggio. Chi vince al ballottaggio prende il premio di maggioranza.
Rispetto ad una prima versione, la percentuale di voti per avere il premio di maggioranza è stato elevato al 40%, percentuale difficilmente raggiungibile da un partito (più facilmente da una coalizione), ergo: la probabilità di andare al ballottaggio è alta.  Rimane però il fatto che qualora un partito raggiungesse il 40% dei voti si troverebbe omaggiato di un numero di seggi tale da avere il 50+1.
Non si può certo asserire che questo renda l’Italicum una legge elettorale equa, corretta. E non sarà certo l’eliminazione del ballottaggio, come vorrebbero il peggiore presidente della Repubblica insieme a Cossiga: Giorgio Napolitano e Alfano, l’ex scribacchino (insieme a Ghedini) di norme ad personam Berlusconi,  a rendere questa legge elettorale rappresentativa, equa, corretta.
Tutt’altro. Il ballottaggio è indispensabile. Continuo a non capire (?!) perché non si faccia una legge elettorale che preveda che parte dei deputati e senatori sia nominata dai partiti e parte sia eletta dai cittadini. I partiti che ottengono le percentuali maggiori al primo turno vanno al ballottaggio. Chi vince, avrà un premio minimo che gli consenta di avere una maggioranza.
Chi obietta che con il ballottaggio vince una minoranza afferma stronzate. Il cittadino italiano ha ben due possibilità di voto, al primo e al secondo turno, eleggerebbe parte dei deputati e anche dei senatori. Dopo di che, si può fare una riforma costituzionale che preveda che sia la Camera a dare la fiducia e il Senato, non più ridotto a farsa, voti su alcune materie e abbia la facoltà di esaminare i testi presentati dal Governo e dalla Camera almeno una volta (riducendo così la pluri-navetta). Ovviamente, va dato al Senato un tempo ragionevole. Se non saranno più a part-time, 30 giorni potranno essere accettabili ma non sarà certo a rischio funzionalità e governabilità si allungassero a 40 o 50. Il Governo dovrebbe mantenere la facoltà di presentare decreti ma vi è dev’essere un’organo di garanzia che effettivamente valuti rapidamente se tali provvedimenti rientino in stato di necessità, urgenza. Per altri provvedimenti (bilancio o altre materie che si ritengono prioritarie ma vanno definite in Costituzione) il Governo potrà avere un percorso prioritario e preferenziale nell’esame dei testi da parte della Camera. Tutto ciò che esula da urgenza, materie strettamente originate da esigenze di gestione della macchina statale, dovrebbe essere lasciato all’inziativa della Camera se non anche del Senato.

Concludendo:
Scrivere norme prolisse, criptiche, confusionarie va in direzione contraria all’obiettivo che si vuole raggiungere: stabilità, rapidità, efficienza, funzionalità. Governabilità. Una riforma costituzionale che preveda percorsi preferenziali e rapidi per i provvedimenti del Governo su materie definite e/o  con condizioni oggettive che non creino dubbi interpretativi poteva essere fatta limitandosi a intervenire su alcuni articoli.
I propositi di migliorare l’impianto costituzionale rimuovendo i limiti mostrati nel tempo, gli aspetti positivi di alcune modifiche, sono neutralizzati, appunto, da norme scritte con i piedi, da affermazioni di principio che non sappiamo se si tradurranno in norme concrete.

Per quanto sopra riportato, sia nei punti dettagliati sia nella sintesi voterò “NO”. Mio malgrado. Non sono contraria per principio a modifiche della Costituzione anche se mi vengono i brividi di freddo al pensiero che possano essere effettuate da una classe politica a dir poco mediocre. E tralascio quel particolare non irrilevante che Matteo Renzi non è stato eletto dal popolo italiano.

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