domenica 22 settembre 2024

Meloni ha fatto arrabbiare i fondi esteri per fare felice Caltagirone

 

da: Il Fatto Quotidiano

All’apparenza sembra una disputa giuridica, in realtà gli avvisi a mezzo stampa partiti dai grandi fondi internazionali illuminano le difficoltà del governo Meloni a districarsi tra gli interessi di bottega del capitalismo italiano e la debolezza finanziaria del Paese. L’Ing Network, che racchiude colossi da 77 mila miliardi di asset gestiti, ha criticato il ddl con cui l’esecutivo ha rivisto le norme sulla governance delle società quotate. La lettera, anticipata dal Financial Times, era indirizzata al sottosegretario Federico Freni, che ha aperto a possibili modifiche nella riforma del Testo unico della finanza allo studio.

Per la verità, al Tesoro non tira aria di modifiche di rilievo su un testo approvato pochi mesi fa dal Parlamento, ma è vero che la pressione sta aumentando e va avanti da tempo. I fondi contestano la compressione dei diritti delle minoranze – tra voto maggiorato agli azionisti storici e assemblee societarie a porte chiuse – ma soprattutto il meccanismo di voto delle liste presentate dal cda uscente. Questa fattispecie, un tempo assai minoritaria in Italia e mai normata, è assurta alle cronache finanziare durante la recente battaglia per il controllo di Mediobanca e Generali, che ha visto il costruttore Francesco Caltagirone, in asse con la Delfin dei Del Vecchio, sfidare senza successo i cda dei due gruppi per il controllo.

Senza entrare nei tecnicismi, il nuovo ddl di fatto renderà quasi impossibile ai consigli uscenti presentare una nuova lista grazie a un meccanismo bizantino. L’effetto è che, nel migliore dei casi, entro un paio di tornate elettive, la fattispecie scomparirà, ma potrebbe accadere già alla prima. Nei mesi scorsi Caltagirone, editore del Messaggero, ha difeso le norme in audizione in Parlamento e ora può riprovare l’assalto. Nel 2025 scadrà il cda delle Generali.

Il governo è a un bivio. Finora ha blandito i fondi svendendo pezzi di Eni e Mps, dando l’intera rete Tim al colosso Usa Kkr e promettendo privatizzazioni da 20 miliardi, nella speranza che non smettano di acquistare il debito pubblico italiano. Accontentarli stavolta, però, potrebbe far arrabbiare Caltagirone, in ottimi rapporti con Meloni. Che a queste cose ci tiene.

 

                         CDF

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