da: Il Fatto Quotidiano
Non aspettatevi che adesso arrivi la Bce in
soccorso dell’Italia senza governo. Il presidente della Banca centrale europea,
Mario Draghi, ieri è stato molto chiaro: “Siamo pronti ad agire”. Ma non
agisce. Sui mercati si era creata una grande attesa per la riunione mensile di
ieri della Bce, con usuale conferenza stampa. Come minimo ci si aspettava che
Draghi abbassasse il costo del denaro, che è allo 0,75 per cento, oppure che
annunciasse misure non convenzionali per garantire credito all’economia. Invece
niente. Gli analisti capaci di cogliere ogni sfumatura nella gelida prosa
draghiana sostengono che l’accenno a una “discussione estesa” nel Consiglio
direttivo indica che il presidente potrebbe aver convinto qualche altro membro
della necessità di tagliare i tassi. Ma per ora il costo del denaro non si
muove.
Non solo: Draghi smentisce le voci su
misure non convenzionali che aiutino le aziende. Spiega che molte piccole e
medie imprese sono già state autorizzate a presentare i loro crediti come
collaterale in Bce, per avere subito denaro fresco. Ma questo funziona bene in
alcuni Paesi, male in altri. Come dire: nessun intervento generalizzato.
Anche perché, spiega Draghi, allargare la lista dei titoli che si possono dare
in garanzia serve nei Paesi in cui le aziende fanno molto ricorso al capitale
di rischio invece funziona poco in quelli bancocentrici (come l’Italia). Giusto
per spazzare via quel poco di ottimismo che ancora rimaneva sui mercati, Draghi
ha anche avvertito dei “rischi al ribasso” che minacciano l’attesa ripresa
prevista per la seconda metà del 2013.
Le borse registrano la delusione, Piazza
Affari chiude in lieve rosso a -0,30, e all’improvviso Draghi sembra
ingessato: da un lato deve difendere le misure straordinarie del passato (come
il Ltro, i 1.000 miliardi dati alle banche a basso costo), dall’altro cercare
il consenso dei falchi del rigore, Germania in testa. Ieri ha garbatamente rimproverato
il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem che aveva indicato il caso
Cipro come un modello di gestione della crisi. E ha definito “non molto
smart” la prima versione del piano per Nicosia in cui erano colpiti anche i
piccoli risparmiatori. Mentre l’Europa e la Bce si avvitano sulle faide
interne, la Banca del Giappone inizia a fare sul serio: applicando il mandato
del premier Shinzo Abe, il nuovo governatore Haruhiko Kuroda ha iniziato il
mandato annunciando una politica monetaria espansiva senza precedenti. La base
monetaria passerà dai 138 mila miliardi di yen di fine 2012 ai 270 mila
miliardi di fine 2014. Così da indebolire la valuta giapponese favorendo le
esportazioni e riducendo il costo del lavoro per gli investitori stranieri.
L’Italia paralizzata osserva. Draghi si
rifiuta di commentare la situazione politica, a proposito della telefonata
ricevuta da Giorgio Napolitano si limita a dire che “ho risposto, è quello che
fanno di solito gli esseri umani”. Poi, senza riferirsi direttamente all’Italia
(anche se è a noi che sta pensando), ricorda che “la misura di stimolo più
importante che un Paese possa dare è restituire gli arretrati, che in alcuni
casi valgono diversi punti di Pil”.
L’impressione è che in Europa temano che,
dopo le aperture strappate da Mario Monti, il governo non sia in grado di pagare
davvero i 40 miliardi promessi alle imprese creditrici della Pubblica
amministrazione. Il commissario europeo Olli Rehn sollecita “l’approvazione da
parte del governo italiano di un decreto legge finalizzato ad affrontare
l’urgente questione di un insopportabile debito commerciale dello Stato”. Come
dire: noi siamo d’accordo, purché rispettiate il tetto del deficit al 3 per
cento. Adesso sbrigatevi. Dopo l’imprevisto rinvio di mercoledì, il governo
Monti dovrebbe riunire il Consiglio dei ministri nel weekend per approvare il
decreto. Dobbiamo farcela da soli, senza aspettare miracoli da Francoforte o
Bruxelles.
Twitter @stefanofeltri
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