Un libro sui
giovani: perchè i giovani, anche se non sempre ne sono consci, stanno male. E
non per le solite crisi esistenziali che costellano la giovinezza, ma perchè un
ospite inquietante, il nichilismo, si aggira tra loro, penetra nei loro sentimenti,
confonde i loro pensieri, cancella prospettive e orizzonti, fiacca la loro
anima, intristisce le passioni rendendole esangui.
Le famiglie si
allarmano, la scuola non sa più cosa fare, solo il mercato si interessa di loro
per condurli sulle vie del divertimento e del consumo, dove ciò che si consuma
non sono tanto gli oggetti che di anno in anno diventano obsoleti, ma la loro
stessa vita, che più non riesce a proiettarsi in un futuro capace di far
intravedere una qualche promessa. Il presente diventa un assoluto da vivere con
la massima intensità, non perchè promette di seppellire l’angoscia che fa la
sua comparsa ogni volta che il paesaggio assume i contorni del deserto di
senso.
Interrogati non
sanno descrivere il loro malessere perchè ormai hanno raggiunto
quell’analfabetismo emotivo che non consente di riconoscere i propri sentimenti
e soprattutto di chiamarli per nome. E del resto che nome dare a quel nulla che
li pervade e che li affoga? Nel deserto della comunicazione, dove la famiglia
non desta più alcun richiamo e la scuola non suscita alcun interesse, tutte le
parole che invitano all’impegno e allo sguardo volto al futuro affondano in
quell’inarticolato all’altezza del quale c’è solo il grido, che talvolta spezza
la corazza opaca e spessa del silenzio che, massiccio, avvolge la solitudine
della loro segreta depressione come stato d’animo senza tempo, governato da
quell’ospite inquietante che Nietzsche chiama “nichilismo”.
E perciò le parole
che alla speranza alludono, le parole di tutti più o meno sincere, le parole
che insistono, le parole che promettono, le parole che vogliono lenire la loro
segreta sofferenza languono intorno a loro come rumore insensato.
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