sabato 24 ottobre 2020

Milena Gabanelli: Gli inutili conflitti

 

Milena Gabanelli è e rimane la mia giornalista preferita. Per un semplice motivo: è una giornalista. Una vera giornalista. Diversamente da buona parte dei suoi “colleghi” referenziali, autoreferenziali. Ciò premesso, su questa affermazione contenuta nell’articolo che di seguito riporto, avrei un’osservazione: “Sta di fatto che il governo non si assume la responsabilità di fare misure restrittive perché sono impopolari, delegando gli enti locali, che sono anatre zoppe”.

Milena Gabanelli ricorderà sicuramente ciò che è avvenuto in Val Seriana. Ricorderà sicuramente che la Regione Lombardia aveva il potere di disporre il lockdown ma non lo ha fatto. E non perché fosse “un’anatra zoppa” ma perché “sollecitata” a non farlo dalle lobby industriali e dei commercianti che sono un bacino elettorale della Lega, del centro-destra.

Vero che le regioni non possono disporre chiusure perchè ciò è di competenza dei prefetti che dipendono dal Ministero dell’Interno e se la Lamorgese fosse stato al tavolo dove scrivono di dpcm lo avrebbe sicuramente “ricordato” a Giuseppe Conte. Vero che il governo scrive decreti o parte dei decreti con i piedi (per non dire altro). Ma alcune regioni sono zoppe non per i limiti del governo, ma perché non sanno o non vogliono governare nell’interesse dei cittadini ma in base alla contrapposizione elettorale, alla propaganda elettorale permanente. Fontana e Gallera sono i numero uno in questo senso. Va però detto, che ogni volta che il Governo Conte 2 scrive un decreto con i piedi (o altro organo) non fa che concedere un alibi a due dei peggiori politici regionali in circolazione anziché in isolamento perenne: i suddetti Fontana e Gallera.

 

da: Corriere della Sera

Di fronte ad una pandemia che si diffonde nel Paese in maniera non uniforme, è evidente la necessità di misure di prevenzione e cura mirate, pertanto la cooperazione tra Stato, Regioni e Comuni è indispensabile. Lo scenario più efficace dovrebbe prevedere misure specifiche e circoscritte, inserite tuttavia in un contesto solido di visione e coordinamento nazionale. Di fronte all’emergenza estrema che stiamo affrontando, continuiamo invece ad assistere  ad un confuso e persistente conflitto istituzionale e scarico di responsabilità.

Le Regioni conoscono i problemi del loro territorio, e se valutano di isolare una zona, la decisione non può essere presa autonomamente, perché quella zona poi la devi cinturare, e le forze di polizia le dispone il prefetto, che risponde al Ministro dell’Interno. Le questioni sono strettamente connesse alla salute pubblica, e in sanità la competenza è delle Regioni.

Vuol dire che devono provvedere al buon funzionamento degli ospedali, incrementare la medicina del territorio, organizzare con i comuni il trasporto pubblico in sicurezza, individuare tempestivamente i focolai, provvedere al tracciamento dei contagi. Ma ci sono misure che coinvolgono anche la sicurezza pubblica, e le Regioni non hanno forze di polizia. Da qui i conflitti, e il consueto scaricabarile. Siamo in una sorta di federalismo di fatto, ma senza regole, dove spesso prevale il più forte. Non in termini di capacità progettuale o operativa ma di peso politico.

L’esempio più emblematico è quello della scuola. La competenza è nazionale. Nella prima fase dell’epidemia il presidente delle Marche Ceriscioli decide autonomamente di chiuderle. Ceriscioli è in uscita, si sa già che non sarà ricandidato, il governo impugna il provvedimento, e vince. Le scuole riaprono, per essere richiuse qualche giorno dopo, e in tutta Italia, con un provvedimento governativo. Seconda ondata: De Luca, rieletto trionfalmente  a settembre, la scorsa settimana chiude le scuole. Il governo ha fatto un attacco durissimo a  De Luca, il ministro Azzolina ha usato parole che rasentano il disprezzo,  ma non impugna.

Tema immigrazione: la competenza è nazionale. Nel mese di giugno Musumeci dirama una  direttiva ai prefetti siciliani (non potrebbe farlo senza averlo prima concordato con il Ministro dell’Interno)  intimando loro di procedere ad una distribuzione dei migranti giunti in Sicilia sull’intero territorio nazionale.

Il governo fa finta di niente e non impugna. È tuttavia costretto a farlo quando lo stesso Musumeci ordina la chiusura dei centri d’accoglienza in Sicilia. Vince al TAR, e a quel punto vengono fatte le navi quarantena per liberare Lampedusa dal sovraccarico. Tema chiusura dei confini regionali: non essendo l’Italia uno Stato confederale non ci sono confini da chiudere. Ed in ogni caso la limitazione della libertà di movimento, in situazioni di ultima emergenza, spetta allo Stato nazionale, non ai presidenti di regione poiché ci vuole un’attività di polizia per cui le Regioni non hanno le competenze ne’ i mezzi.

E qui viene la questione del controllo del territorio. L’ ultimo dpcm delega ai sindaci la chiusura di zone delle città ritenute preoccupanti per la diffusione della pandemia. Giustamente chi meglio di loro sa dove si annidano i focolai? Quindi possono fare le ordinanze, mandare i vigili a chiudere le piazze con le transenne, ma è poco più di un’operazione di facciata perché per rendere efficace il controllo occorre un altro calibro di forza, e la  competenza non è né regionale né comunale.

Il Sindaco può partecipare al Comitato provinciale per  l’ordine e la sicurezza pubblica, ma la responsabilità esclusiva è del prefetto e quindi dello Stato nazionale. Per la precisione il ministro dell’interno è Autorità Nazionale di Pubblica Sicurezza. Nessun altro lo è. Nemmeno il Presidente del Consiglio. Eppure il ministro dell’Interno non fa parte di alcuna cabina di regia governativa sulle misure anti covid. Ne’ di quella con i poteri legali, ne’ quella dei cosiddetti capi delegazione.

Per il contenimento del Covid è stato istituito un Comitato Tecnico Scientifico che fa le proposte, ma poi si attuano quelle a cui i partiti danno il via libera. Il ministro Lamorgese è l’unico ministro tecnico, che non rappresenta un partito,  e per questo tenuta fuori dalle decisioni e consultazioni. Ora, con le tensioni esplose, Lamorgese si è impegnata – di sua iniziativa – ad aprire un canale con gli enti locali. Sarebbe stato opportuno coinvolgerla prima di firmare il dcpm.

Sta di fatto che il governo non si assume la responsabilità di fare misure restrittive perché sono impopolari, delegando gli enti locali, che sono anatre zoppe. Così si alza la tensione fra Presidenti di Regione e i sindaci, fra Fontana e la Azzolina. Addirittura il presidente della Campania chiede il lockdown nazionale. Per arrivare al paradosso del sindaco di Borgosesia che ha deciso di denunciare chi denuncia gli assembramenti. Un quadro di caos istituzionale dove nessuno fa ciò che gli compete e di cui il Paese ha bisogno, mentre i contagi si impennano e ancora non si capisce perché sia così complicato fare i tamponi rapidi, già disponibili da mesi e autorizzati dal Ministro Speranza.

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