domenica 18 ottobre 2020

Coronavirus, terapie intensive in aumento: quali Regioni sono pronte per la seconda ondata


 da: https://www.ilsole24ore.com/ - di Marzio Bartoloni e Sara Monaci

Solo Veneto, Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta sono pronte ad affrontare la seconda ondata con una dote di letti in terapia intensiva che supera i 14 posti per 100mila abitanti, una soglia di sicurezza fissata dal Governo a maggio scorso quando stanziò 1,3 miliardi con il dl rilancio per potenziare questi reparti necessari ai malati Covid più gravi.

Campania, Umbria e Marche a rischio

Le altre Regioni sono indietro. Tra queste, alcune situazioni sono più a rischio, con la Campania che al momento ha la situazione più preoccupante (solo 7,3 letti per 100mila abitanti), seguita da Umbria (7,9) e Marche (8,3).
Numeri che sono la metà di Veneto (16,8) Valle d’Aosta (15,9) e Friuli (14,4). Lazio, Emilia o Toscana hanno situazioni migliori (12,7 , 11,5 e 11,1), mentre la Lombardia è comunque avanti nella riorganizzazione delle terapie intensive considerando l’esperienza della scorsa primavera, quando è riuscita in poco tempo ad aprire fino a 1.800 posti letto spinta dall’emergenza. Dall’Emilia fanno sapere invece che i letti per i pazienti più gravi sono di più rispetto a quelli comunicati dal Governo: 602 in tutto, per un tasso, vicino alla soglia di sicurezza, di 13,5 posti in rianimazione ogni 100mila abitanti.

La situazione in Lombardia

Una precisazione in più va fatta proprio per la Lombardia, la regione più colpita dalla prima ondata di Covid. Adesso conta meno di dieci letti (9,8) per 100mila abitanti, per un totale di 983 posti attualmente disponibili, 120 in più rispetto alla situazione pre-coronavirus. Il target individuato per questo territorio è di 1.446 posti complessivi, ma ad oggi il sistema sanitario regionale dispone già di circa 800 attrezzature aggiuntive (respiratori, monitor ecc) per poter intervenire in rapidità (durante i mesi del lockdown si è arrivati ad un fabbisogno di 1.800 posti). Fatto ovviamente che la Lombardia vorrebbe evitare, perché arrivare a questi numeri significherebbe sacrificare l’attività ordinaria. Al momento il 30% dei posti sono liberi, considerando non solo i malati Covid.

I piani per 3.553 posti aggiuntivi

Questa la fotografia nelle rianimazioni in attesa che siano completati i piani regionali a cui si è lavorato l’estate scorsa con il commissario Domenico Arcuri per creare 3.553 posti aggiuntivi. Il 13 ottobre si è chiuso il bando della struttura commissariale per le imprese che dovranno iniziare i lavori a fine ottobre.

Nel frattempo le Regioni hanno giù aggiunto complessivamente 1.279 letti stabili ai 5.179 iniziali e così la dote attuale, secondo il Governo, è di 6.458 posti. Ma con differenze regionali significative anche a causa dei ritardi accumulati (si veda il Sole 24 ore dell’8 agosto): i piani regionali erano attesi a fine giugno e invece sono stati bollinati solo a fine luglio.

Poi c’è stata l’interlocuzione non facile con il commissario per decidere chi doveva fare i lavori e solo a fine settembre si è deciso: 10 Regioni sfrutteranno le regìa di Arcuri, le altre hanno chiesto di fare da sole ottenendo la delega.

Rischio al Centro-Sud

Il rischio ora è che sia soprattutto il Centro-Sud, risparmiato dallo tsunami della primavera scorsa, a scontare un ritardo che potrebbe costare caro rispetto a chi dopo la prima ondata si è già fortificato. I numeri delle terapie intensive sono infatti in costante crescita con le ospedalizzazioni che crescono più rapidamente al Meridione. Inumeri complessivi parlano di un trend in costante crescita: due mesi fa, ad agosto, i posti occupati in rianimazione erano 53. Dopo 30 giorni, il 12 settembre, sono saliti a 182. Il 13 ottobre le terapie intensive hanno raggiunto quota 452 (+32 in un giorno) e poi il giorno dopo 512 con rispettivamente 39 e 41 nuovi morti. Insomma la pressione sugli ospedali sale anche se i 4mila pazienti in terapia intensiva di fine marzo sono ancora lontani.

Non solo pazienti Covid

Va ricordato inoltre che le terapie intensive non sono solo per i pazienti Covid: il tasso medio di occupazione nelle rianimazioni è del 50%, come dire che normalmente metà letti sono per altri pazienti.

«In questi reparti - ricorda Alessandro Vergallo, presidente degli anestesisti e rianimatori ospedalieri - ci sono pazienti con politraumi da incidenti stradali, persone colpite da ictus o infarto o chi è reduce da una operazione».
Per Vergallo la situazione se la crescita sarà lineare è ancora «gestibile», altrimenti i letti potrebbero non bastare «soprattutto in alcune Regioni». Senza parlare del personale: «mancavano medici rianimatori già prima dell’emergenza e la situazione è cambiata poco».

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