mercoledì 15 gennaio 2014

Legge elettorale, sentenza della Corte Costituzionale: ritorno alla prima repubblica…

da: Il Fatto Quotidiano

La legge della Consulta: proporzionale e inciucio
Dopo le motivazioni della bocciatura del porcellum l’Italia torna alla prima repubblica, preferenze e niente premio di maggioranza
di Marco Palombi

Da ieri sera l’Italia è di nuovo una Repubblica fondata sul proporzionale. Col deposito delle motivazioni con cui la Corte costituzionale ha bocciato il Porcellum sul premio di maggioranza senza soglia e l’assenza della possibilità di esprimere almeno “una preferenza”, il sistema elettorale italiano viene ridisegnato in profondità: da stamattina è in vigore la legge scritta dagli ermellini, il cui nome in filigrana è “larghe intese per sempre”.

Cosa resta, infatti, della legge di Roberto Calderoli dopo il passaggio dei giuristi della Consulta? Solo la Prima Repubblica, cioè quella parte proporzionale della legge del 2005 scritta da Pier Ferdinando Casini e dall’Udc (il premio di maggioranza e le coalizioni le volle invece il Cavaliere). La nuova legge elettorale italiana è la seguente. I voti vengono ripartiti proporzionalmente: a livello nazionale alla Camera a tutte le liste che superino il 4 per cento e alle
coalizioni che superino il 10; a livello regionale in Senato per le liste che vadano oltre l’8 per cento (il 20 per le coalizioni). Ovviamente l’elettore potrà esprimere una preferenza: per introdurle non serve nemmeno una legge, mette nero su bianco la Corte, ma basta un semplice regolamento o una circolare del Viminale, se si dovesse andare al voto senza che il Parlamento trovi l’accordo su una nuova legge.

Il sistema “Prima Repubblica” applicato ai risultati di febbraio, ad esempio, significherebbe immaginare un Pd senza quasi un terzo dei suoi eletti alla Camera e parecchi in meno anche in Senato, seggi che sarebbero finiti in larga parte al Movimento 5 Stelle e al Pdl. Il risultato più ovvio di questa situazione è che oggi Enrico Letta non sarebbe più a palazzo Chigi : la scissione del Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano, infatti, non sarebbe bastata a tenere in vita l’esecutivo. Anche coi sondaggi attuali, peraltro, se si votasse ora non ci sarebbe alcuna maggioranza dopo il voto.

Non solo: anche ammesso che il centrosinistra s’avvicini al 40 per cento – come prevedono e sperano ai vertici del nuovo Pd – Matteo Renzi non potrebbe formare il governo se non attraverso un accordo con qualche ex avversario. Motivo per cui il sindaco di Firenze si gioca molto nelle trattative sulla nuova legge elettorale: la sua immagine di leader giovane e dinamico al limite della frettolosità si sposerebbe poco con i minuetti necessari a un governo di coalizione in cui ogni voto parlamentare finirebbe per pesare.

Forse anche per questo la Consulta – con uno dei suoi tradizionali giudizi giocati sul filo sottilissimo tra il magistero giuridica e il realismo politico – ha lasciato graziosamente aperta la via alle due principali opzioni sul tappeto: il sistema spagnolo e il Mattarellum. Entrambi, infatti, prevedendo le liste bloccate potevano essere considerati incostituzionali. La Corte s’è preoccupata di far capire a Renzi, Verdini, Alfano e chiunque altro giochi questa partita che possono mantenere la mente aperta: le liste del Porcellum con enormi circoscrizioni, a volte regionali, sono una cosa “non comparabile né con altri sistemi caratterizzati da liste bloccate solo per una parte dei seggi (Mattarellum, ndr), né con altri caratterizzati da circoscrizioni elettorali di dimensioni territorialmente ridotte (lo spagnolo, ndr)”. Altrimenti, sembrano dire in un inciso gli ermellini, dovremmo considerare incostituzionale “il collegio uninominale”.

Dunque i giochi sono ancora tutti aperti. Come abbiamo scritto nei giorni scorsi, Silvio Berlusconi predilige il modello adottato in Spagna: si tratta in sostanza di un finto proporzionale, o meglio di un proporzionale che grazie a circoscrizioni molto piccole ha effetti maggioritari fortissimi.

Lo spagnolo è un sistema che piace, ovviamente, ai partiti più grandi (non escluso il M5S, che aveva presentato una bozza di questo tenore anche se poi derubricata ad iniziativa individuale) e anche a quelli radicati territorialmente com’era un tempo la Lega e sono ancora la SVP sudtirolese e l’UV valdostana. Sel, l’attuale Carroccio, alfaniani, dipietristi e quant’altro non conterebbero niente e probabilmente non entrerebbero in Parlamento (a meno di non lasciare per legge un po’ di seggi al cosiddetto “diritto di tribuna”).

Il Mattarellum è, d’altra parte, il sistema che potrebbe mettere tutti d’accordo (più della legge dei sindaci col doppio turno, che ha il grosso problema di applicarsi ad un sistema che non è un premierato, non prevede cioè elezione diretta). Il vecchio sistema – in vigore per le politiche del 1994, 1996 e 2001 – ha due grandi vantaggi: può entrare in funzione con una leggina di due righe che si limita ad abolire il Porcellum e piace anche ai piccoli e medi partiti perché costringe quelli grandi a coalizzarsi per forza. Il rapporto eletto ed elettore sarebbe salvo, ma riavremmo governi sostenuti da maggioranze parecchio eterogenee.

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