mercoledì 25 settembre 2013

Luca Zingaretti: i documentari sono il genere del futuro

da: La Stampa

Zingaretti: i documentari sono il genere del futuro
L’attore dirige il festival di Cortona: “Il mondo va sempre più veloce. Il film verità permette di riflettere sulle notizie e dà sempre sorprese”
di Fulvia Caprara



Perfettamente nell’aria del tempo, Luca Zingaretti dirige in questi giorni a Cortona «Hai visto mai?», Festa del documentario sociale e di costume che quest’anno festeggia l’ottava edizione ospitando opere di diversa nazionalità in gara per un premio di 5mila euro. Considerando il Leone d’oro a Sacro Gra e il dibattito che ne è seguito, l’idea della rassegna appare quanto mai lungimirante, ma Zingaretti non canta vittoria. Anzi, con il piglio pragmatico del commissario che lo ha trasformato in una delle star più venerate dal pubblico, fa osservare che, nel settore, sono ancora tanti i passi da fare: «Ogni tanto si verificano fatti
positivi come quello del premio a Gianfranco Rosi, ma in Italia non si riesce mai a creare un circolo virtuoso, i riconoscimenti sono rondini che non fanno primavera».

Che bisognerebbe fare per promuovere quest’industria? 
«I documentari sono dappertutto apprezzatissimi, sarebbe normale farli uscire anche in sala, e quindi incentivarne la produzione. Il fatto è che da noi questo non accade, nonostante si tratti del genere del futuro». 

Perchè lo è, secondo lei?  
«Il mondo va sempre più veloce, lo spazio tra il verificarsi dei fatti e la diffusione delle notizie è ormai ristrettissimo. Il documentario è lo strumento che offre il tempo della riflessione e, siccome si riflette sempre meno, sarebbe molto utile utilizzarne le potenzialità. Per questo, da otto anni, nonostante i tagli, andiamo avanti con la manifestazione». 

Come giudica la decisione del Leone d’oro a Sacro Gra?  
«Mi è sembrata una scelta di grande vitalità». 

Lei di documentari ne ha girati due, nel 2000 Gulu dedicato alla guerra civile in Uganda, e nel 2007 Suso. Conversazioni con Margherita D’Amico sulla grande sceneggiatrice scomparsa. Ha intenzione di ripetere l’esperienza?  
«Sono stato preso dal turbinio degli impegni, adesso è un anno e mezzo che non mi fermo e non faccio una vacanza. Dopo questa scorpacciata di lavoro ho intenzione di prendere un semestre sabbatico, e magari, in questo periodo, potrebbe partire un progetto in quel senso. Il documentario è uno strumento di indagine sulla realtà che ti riserva sempre sorprese». 

Per tutta l’estate, e tuttora, abbiamo continuata a vederla nelle repliche di Montalbano. Che effetto le fa sapere che il successo della serie si ripete ogni volta, battendo la concorrenza di fiction nuove di zecca?  
«Mi fa un grande piacere. E’ un successo che ormai viene dato per scontato, e invece non lo è affatto. Sono stato attento a evitare che il prodotto si inflazionasse, e invece si continuano a proporre repliche, a diffondere dvd insieme ai giornali... Insomma, avrei preferito che i cicli di Montalbano venissero trattati con più attenzione». 

Lei, però, è riuscito a non restare vittima della classica trappola che in genere si stringe intorno ai personaggi tv fortemente legati a un ruolo da grandi ascolti. Zingaretti non è prigioniero di Montalbano.  
«Infatti continuo a fare parti diverse, e la cosa ha effettivamente del miracoloso, anche se io, come dicevo, ho messo cura nel distanziare le varie produzioni della serie». 

Per il 2014 non sono previsti nuovi cicli, giusto?  
«No, all’orizzonte non c’è niente, il prossimo anno ci si prende una pausa». 

In tv la rivedremo a ottobre su Raiuno, nella miniserie su Adriano Olivetti, mentre quest’estate ha girato Il giudice meschino, fiction ambientata a Reggio Calabria, tratta dal romanzo dell’ingegnere Mimmo Gangemi.  
«Si, Il giudice meschino racconta un’indagine sui rifiuti tossici. E’ una storia bellissima, una fiction coraggiosa». 

E al cinema?  
«Ho girato Maldamore di Angelo Longoni, una commedia con tradimenti, amori incrociati, riconciliazioni, che riguardano due coppie. Io sono il marito di Ambra Angiolini, invece mia moglie Luisa Ranieri sta con Alessio Boni. E poi ho lavorato in Francia, nel film Les vacances du petit Nicolas di Laurent Tirard, altro capitolo della saga dedicata al bambino francese degli Anni 70 che osserva il mondo con il suo particolarissimo sguardo».  

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