Ci sono due aspetti
diversi, entrambi fondamentali. Il primo aspetto riguarda la lotta
all’evasione.
Grande fratello,
privacy. Non c’è privacy, non c’è “grande fratello” che tenga quando
l’obiettivo è ridurre l’evasione. Non è pensabile che questo paese continui ad
essere una democrazia (?!) fondata sull’evasione fiscale.
L’altro aspetto,
essenziale, è che non si possono ignorare i timori delle persone. In un paese
dove i delegati – politici e/o gestori di enti e istituzioni – sono, nella
migliore delle ipotesi, dilettanti allo sbaraglio, il rischio è quello di
consegnare dati che non siano usati in modo appropriato per raggiungere
l’obiettivo.
Così come, per andare
in altro campo, il punto non è eliminare le intercettazioni telefoniche se
violano la privacy ma gestirne la diffusione, in merito alla nuova anagrafe
fiscale, il punto della questione non è escludere la trasmissione dei movimenti
di conto corrente al Fisco, bensì, definirne il corretto e adeguato criterio
dell’uso.
Criteri trasparenti e
logici nell’aggregazione per consentire rilevazioni pertinenti. E, in caso di
rilevazioni “sospette” (cioè che facciano ipotizzare elusioni e evasioni) i
riscontri devono essere discussi con la contraparte, cioè il cittadino.
Tutto ciò ha un costo,
in termini di tempo e denaro, ma questa roba si chiama: civiltà, rispetto dei
diritti e dei doveri. Di entrambe le controparti: cittadino e fisco.
da: Il Sole 24 Ore
I rischi della nuova anagrafe
Il Fisco a tentoni tra i conti correnti
di Enrico De Mita e Salvatore Padula
Il Fisco italiano
dispone di una quantità di dati sulla situazione finanziaria dei contribuenti
di gran lunga superiore agli altri maggiori Paesi. Questo gap diventerà ancora
più ampio quando, tra qualche mese, andrà a regime