da: Il Fatto Quotidiano
Prezzi degli alimentari
alle stelle, guadagni milionari per le banche che speculano
Il World Development
Movement stila una lista degli istituti di credito che hanno guadagnato di più
soffiando sul fuoco de rincaro dei beni agricoli. In testa Barclays con 630
milioni di utili in due anni. Per la Banca Mondiale il costo medio mondiale
degli alimenti base è ormai ai massimi storici
di
Mauro del Corno
Quando in giro c’è puzza di bruciato prima o
poi trovi sempre qualche grande banca con una scatola di fiammiferi in tasca.
Questa volta a infiammarsi sono i prezzi di alimenti base come grano
o soia da cui dipende la vita centinaia di milioni di
persone. A soffiare sul fuoco è invece soprattutto la banca inglese
Barclays – quella dello scandalo sulla manipolazione del
Libor, il tasso che regola i prestiti interbancari in valute diverse dall’euro
- responsabile delle speculazioni più massicce sui beni agricoli che, come
denuncia il World Development Movement, le hanno garantito
guadagni per mezzo miliardo di sterline (630
milioni di euro) negli ultimi due anni.
Numeri alla mano, nel 2012 le quotazioni della
soia sono aumentate di oltre il 30% e durante l’estate
quelle di grano e mais sono schizzate rispettivamente del 30
e del 38 per cento. La Banca Mondiale ha recentemente
segnalato che il costo medio mondiale degli alimenti base è ormai ai massimi
storici e ha denunciato come 44 milioni di persone nel 2011 siano
scivolate nella povertà a causa della corsa dei prezzi del
cibo. Ad innescare i rialzi più recenti è stata innanzitutto la siccità che
quest’estate ha ridotto sensibilmente i raccolti
di Stati Uniti e Russia ma, come sempre in
queste situazioni, l’azione speculativa arriva in un secondo momento per
sfruttare e amplificare i movimenti dei prezzi. Il valore complessivo dei
derivati sulle materie agricole, ossia quegli strumenti finanziari come i
futures o le opzioni utilizzati dai grandi investitori per scommettere sui
rialzi dei prezzi, supera infatti ormai i 125 miliardi di dollari, un valore
più che raddoppiato rispetto a quello di cinque anni fa.
Oltre a Barclays il World Development Movement
indica Goldman Sachs e Morgan Stanley tra le banche più
attive nella speculazione alimentare, pur senza fornire l’ammontare esatto dei
loro profitti. Gli altri big della finanza sembrano invece avere una posizione
più defilata. Royal Bank of Scotland ha venduto la sua divisione dedicata alle
commodities agricole, HSBC concentra le sue scommesse
sui metalli, Jp Morgan soprattutto sul
petrolio, mentre la svizzera Ubs predilige i metalli
preziosi pur avendo manifestato di recente la volontà di tuffarsi anche nel
mercato delle materie prime agricole. Grandi speculatori su beni alimentari
erano fino a poco tempo fa anche le tedesche Deutsche Bank
e Commerzbank ma una crescente
pressione dell’opinione pubblica le ha indotte a ridimensionare
sensibilmente la loro attività in questo campo.
Scoprire con precisione quanto le banche
investano su grano, mais, riso o soia è tutt’altro che facile. Per ovvie
ragioni non sono dati che gli istituti di credito amano divulgare e spesso nei
loro bilanci i profitti realizzati sulle diverse materie prime vengono
accorpati sotto un un’unica voce. Un modo indiretto per capire quanto sia forte
la presenza di una banca nel mercato delle materie prime è rappresentato dal
cosiddetto VAR (Value at Risk), un indicatore utilizzato per
calcolare a quanto potrebbe ammontare la perdita massima realizzabile in un
singolo giorno. Dagli ultimi dati disponibili si scopre così che in sole 24 ore
Barclays potrebbe arrivare a perdere 25 milioni di dollari per le sue scommesse
sulle materie prime. Goldman Sachs potrebbe invece mandare in fumo fino a 23
milioni, Morgan Stanley 26 milioni, Jp Morgan 14 e Ubs circa 4 milioni.
Le banche erano già finite nell’occhio del
ciclone nel 2008, quando in pochi mesi i prezzi dei beni agricoli volarono alle
stelle innescando crisi alimentari, proteste e rivolte in diversi paesi del
mondo. E’ difficile stabilire con esattezza quale sia l’incidenza della
speculazione nel movimento al rialzo dei prezzi, tuttavia è innegabile che un
effetto ci sia. Ad ammetterlo sono stati gli stessi analisti di Barclays che in
una nota inviata ai propri clienti hanno spiegato come
l’azione della finanza stia effettivamente spingendo i prezzi al rialzo.
Due settimane fa Chris Mahonley, il direttore
della divisione agricola della multinazionale svizzera Glencore, (di cui si
parla molto in questi giorni come possibile acquirente dello stabilimento Alcoa
di Porto Vesme) ha descritto la crisi alimentare in atto e la corsa dei prezzi
come una “buona occasione d’affari”.
Un’altra conferma indiretta arriva dalle parole di Howard Shulz, amministratore
delegato della catena Starbucks che ha recentemente affermato: “Il prezzo del
caffè è ai massimi da 34 anni e su livelli da record si trovano anche altre
commodities agricole senza che questo abbia niente a che fare con il meccanismo
della domanda e dell’offerta”.
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