giovedì 19 gennaio 2012

Governo Monti: decreto liberalizzazioni


da: la Stampa

Liberalizzazioni
Abolite tutte le tariffe minime


Colpite le professioni, stretta sulla Rc Auto Lavoro, sparisce la norma sull’articolo 18
di Alessandro Barbera

Abolizione delle tariffe minime per i professionisti (comprese quelle dei notai) e obbligo di preventivo. Orari liberi, aumento delle licenze per le Farmacie, nomina di 500 notai l’anno per tre anni. L’aumento delle licenze dei taxi sarà deciso dai sindaci. Nasce una super-Authority per l’energia e i trasporti, arriva l’obbligo di gara per (quasi) tutti i servizi locali. Salta la vendita libera dei farmaci di fascia C, salta la norma che modificava l’articolo 18, saltano le separazioni proprietarie fra Poste e Bancoposta e fra Trenitalia e Rfi. Entro sei mesi arriverà invece un’altra separazione, quella fra Eni e Snam. Salta (ed è già la seconda volta in un anno) la norma che avrebbe dovuto mettere a gara gli stabilimenti balneari. L’ultima versione del decreto liberalizzazioni, quella che approderà al consiglio dei ministri di domani, è diversa da quella circolata la scorsa settimana. Fino ad allora la regìa era stata del sottosegretario Antonio Catricalà, questa volta ha avuto un peso determinante Corrado Passera. Fonti di governo raccontano che fra i due è tuttora in atto un duello per modificare questa o quella norma. A fare da ponte fra i due Enzo Moavero, ministro delle Politiche comunitarie ma soprattutto uomo di fiducia del premier.

«Metà Pil è protetto» Nell’introduzione al decreto il governo promette che questo è solo «un primo intervento ad ampio raggio». Il perché è presto detto: «In Italia i settori che producono servizi al riparo dalla concorrenza internazionale sono tutti quelli diversi dall’industria», e rappresentano «più della metà del Pil». La lista è impietosa: «Commercio, trasporti, credito, assicurazioni, costruzioni, elettricità, gas, acqua, hotel, ristoranti, professioni». Il decreto tocca molti di questi settori, non tutti. Rispetto alla prima versione,

in molti casi si sono ammorbidite norme che avrebbero avuto ben altro impatto. In altri c’è stato un lungo negoziato con la categoria per trovare un comromesso efficace. Sui carburanti ad esempio: l’esclusiva dei gestori delle pompe non potrà superare il 50% degli approvvigionamenti, ed è liberalizzata l’apertura dei self service fuori città. In altri casi ancora vedi BancoPosta - si è fatta proprio marcia indietro. E’ il segno che il governo non ha fra le priorità le privatizzazioni. Lo conferma il premier da Londra: «In questo momento il governo non ha piani di azione sulla cessione delle quote in Eni, Snam, Finmeccanica».

Due decreti
Fra le priorità del governo c’è invece il pagamento degli arretrati dello Stato ai privati: sul tavolo del consiglio di venerdì ci dovrebbe essere un secondo decreto dedicato a tempi e modalità per il pagamento di quasi (questa la stima di Confindustria) 70 miliardi. Fonti tecniche riferiscono che in questo modo si eviteranno conseguenze peggiori: le regole europee concedono ai creditori l’8% di interessi. Il tema è complicato e delicato, e in mano a tre ministeri (Funzione pubblica, Tesoro, Sviluppo): pagare tutto in una volta è impossibile.

Le categorie protestano
Benché le modifiche siano molte, le categorie sono in agitazione: é il segno che gli interessi sono stati comunque toccati. E’ il caso dei farmacisti, che sostanzialmente salvano l’esclusiva sui farmaci di fascia C ma devono accettare la liberalizzazione degli orari. Spiega Alberto Mingardi, direttore dell’Istituto Bruno Leoni: «Ci sono luci ed ombre. Lo sforzo riformatore si vede, ma alcune norme come quella che preannuncia la revisione delle tariffe autostradali è incomprensibile e vagamente dirigista». Per paradosso, a detta di molti, la vera novità dell’ultima versione è quella che accelera la liberalizzazione dei servizi locali senza inficiare l’esito del referendum dell’anno scorso. L’articolo 31 prevede, entro il 30 giugno 2012, l’obbligo di accorpare le gestioni a livello almeno provinciale. E poiché il tetto per le gestioni dirette (ovvero senza gara) scende da 900 a 200mila euro, di fatto sono abolite. 

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