sabato 21 dicembre 2019

Popolare di Bari e la MIFID: come profilo il cliente per rifilargli il bidone


da: La Stampa - di Gianluca Paolucci

“Solo 300 clienti non possono comprare”. Così la Bari piazzava azioni ai risparmiatori
La relazione di Bankitalia del 2017 sulla vendita dei prodotti allo sportello per sostenere il capitale. Spunta un audio dell’ex ad De Bustis: manager irresponsabili, truccati persino i conti delle filiali

Su oltre 50 mila clienti della Bari, solo 300 avevano un profilo «conservativo», ovvero puntavano al mantenimento del capitale investito. Malgrado più della metà, oltre 26 mila, avesse indicato per gli investimenti di voler prioritariamente proteggere il proprio capitale. Per convincere i clienti a sottoscrivere le azioni, indispensabile per rafforzare il capitale e tenere in piedi la banca, venivano impartite apposite istruzioni alla rete di questo tenore: «L’azione Banca Popolare di Bari non è quotata in Borsa quindi il valore non risente di oscillazioni giornaliere». E poi: «Il prezzo del titolo è sempre stato in continua ascesa nel tempo». 

Sono alcuni dei passaggi di una lunga relazione che Bankitalia invia alla Consob il 23 gennaio del 2017, al termine di una lunga ispezione sulla banca terminata con esito «parzialmente sfavorevole » nel novembre precedente.
Su richiesta della stessa Consob, gli ispettori di Bankitalia conducono una serie di approfonditi accertamenti sulle modalità di collocamento ai clienti delle azioni e delle obbligazioni della banca stessa.

A differenza delle popolari venete, a Bari i prestiti «baciati» (per sottoscrivere azioni, ndr.)
non sono una prassi. Per il resto, i risultati non sono certo assolutori. Intanto, oltre il 40% degli investimenti dei clienti era in titoli della stessa banca. Titoli perlopiù illiquidi. Certo, c’erano i questionari Mifid. Che fino al 2016 erano fatti così: se indicavi la protezione del capitale come obiettivo primario, finivi incasellato in un profilo «dinamico - integrazione del reddito» compatibile con l’investimento in azioni della Popolare. Ancora: per effetto del criteri utilizzati per valutare il rischio delle proprie azioni, i titoli della Bari risultavano meno rischiose di titoli quotati, compresi quelli delle grandi banche e di società di altri settori. Ovvero, le azioni della PopBari risultavano meno rischiose di Eni o Intesa Sanpaolo. Così, su 500 milioni di euro dell’aumento di capitale del 2015, finiti quasi integralmente alla clientela della banca, 135 milioni sono stati sottoscritti grazie alla vendita di altri titoli, in molti casi (almeno 50 milioni di controvalore) più «sicuri» di quelli Bpb, compresi i titoli di Stato. 
Prezzi costanti.                                                                                
Poi c’è il tema del prezzo. La valutazione veniva fatta in casa, come prassi per le popolari non quotate come Vicenza e Veneto Banca. Nel 2014 si rivolge a Deloitte. Che però prende in considerazione criteri alquanto lacunosi e consente per un pelo di confermare la valutazione di 9,53 euro, costante dal 2010. Peccato a quel prezzo, parametri il rapporto tra prezzo e patrimonio netto tangibile risultasse tra due e tre volte superiore a quello di banche come Intesa o Unicredit. Solo a fine del 2016, alla fine dell’ispezione di Bankitalia, la valutazione viene rivista a 7,5 euro. 

La quotazione
A quel punto, ci sono già migliaia di soci che cercano di vendere le azioni della banca e non ci riescono. Molti di loro hanno fatto causa alla banca. E grazie al pressing delle autorità la Bari decide di quotarsi.
Ma non a Piazza Affari, perché costa troppo e perché questa «esporrebbe un titolo ad una elevata volatilità, con evidenti riflessi sulla tenuta del valore». Tradotto: il prezzo crollerebbe. Quindi, i vertici si pongono l’obiettivo di «rendere meno traumatico il momento» della quotazione. Viene scelta la piattaforma Hi-Mtf, che garantisce una serie di «accorgimenti» per «limitare il dispiegamento dei meccanismi di mercato». Ovvero per evitare che il titolo crolli. Piattaforma dove il titolo è inchiodato da anni perché a fronte dei forti quantitativi in vendita mancano compratori

La sintesi, soprendentemente, la dà l’ad De Bustis parlando con i manager in un audio del 1 0 dicembre scorso pubblicato da Fanpage e già acquisito dalla procura che indaga sulla Bari: Quando sono arrivato la prima volta (...) chiesi di vedere i dati delle filiali. Tutti truccati. Truccavate persino i conti economici delle filiali. È stato veramente irresponsabile quello che è successo negli ultimi tre, quattro anni. Questa banca è un esempio di scuola di cattivo management, irresponsabile, esaltato».

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