da: la Repubblica
C’è solo una cosa peggiore del rosario di
odio e di bestialità snocciolato, a proposito del suicidio di un ergastolano
rumeno nel carcere di Opera, da alcuni agenti di custodia sulla pagina Facebook
del loro sindacato (“uno di meno” è il commento che li riassume tutti). Questa
cosa peggiore è la motivazione con la quale i responsabili di quel sito hanno
rimosso quei commenti disumani. Non sono stati cancellati perché ripugnanti.
Non perché inaccettabili da parte di dipendenti dello Stato, e sulla pagina
ufficiale di un sindacato; non perché esultare per una morte è comunque,
ovunque disgustoso; ma perché «hanno ingenerato strumentalizzazioni tali da
comportare un possibile danno di immagine al Corpo di Polizia penitenziaria».
Come sia possibile “strumentalizzare” frasi
che, in perfetta autonomia e chiarezza, esprimono giubilo per la morte di un
disgraziato, non è lecito sapere. Quello che si sa, invece, è che uno dei veri,
profondi problemi del nostro Paese, quasi al completo, è l’atroce ipocrisia che
impedisce di attribuire un senso, una gravità, una responsabilità agli atti, ai
comportamenti, alle parole delle persone. Una per una, individuo per individuo,
cittadino per cittadino.
Gli episodi di progressiva retrocessione
delle forze dell’ordine a una mentalità, come dire, pre-statale e
pre-costituzionale, da guerra per bande, da squadre di