Detesta l’Avvelenata!..io l’adoro!...La
trovo liberatoria. Anche se rivolta a un fatto specifico, ai “critici” di un
certo periodo musicale, per me è un testo liberatorio che si adatta a più
situazioni e persone nelle quali incappiamo.
L’Avvelenata è un meraviglioso “vaffanculo”
poetico…
Francesco
Guccini compie 80 anni: «Non sono mai stato comunista»
Il
cantautore si confessa a tutto tondo: dal rapporto col padre, agli esordi come
giornalista, al rapporto con la politica e con i colleghi cantautori
Francesco
Guccini, qual è il suo primo ricordo?
«Un pacco di fichi secchi arrivato dalla
Grecia. Me lo mandava mio padre Ferruccio, soldato della seconda guerra
mondiale».
Lei
è nato quattro giorni dopo la dichiarazione di guerra del Duce.
«Il babbo aveva già combattuto in Africa
nel 1935. Fu subito richiamato. Dopo l’8 settembre venne fatto prigioniero a
Corinto e portato in campo di concentramento: prima a Leopoli, poi ad Amburgo.
Con lui c’erano Giovanni Guareschi e Gianrico Tedeschi, l’attore. Rifiutarono
di combattere per i nazisti; ma della prigionia mio padre non parlava mai.
Tornò nell’agosto del 1945».
Come
fu il vostro incontro?
«Prima arrivò una cartolina da Milano, con
la foto di una fontana. La ritagliai, mi diedero un sacco di botte. C’era
scritto: “Sono un commilitone di Guccini, mi incarica di dirvi che sta
rientrando a casa”. Era una domenica, ero con mia madre Ester alla messa delle
11, qui a Pavana, quando entrò in chiesa la prozia Rina, la moglie del prozio
Enrico, con il grembiule, gridando: “Sta arrivando Ferruccio!”. Me lo vidi
davanti con lo zaino e la divisa».
Cosa
fece suo padre per prima cosa?
«Si spogliò e si gettò nel bottaccio, il
serbatoio d’acqua del mulino. Gli chiesi: “Babbo, mi insegni a nuotare?”. Lui
mi buttò in acqua. Rischiai di affogare».