martedì 15 gennaio 2019

Paolo Madron: I corpi dei vivi e quelli dei morti, Battisti e Megalizzi




L'aeroporto, Ciampino, è lo stesso. Ma le scene sono diverse. Da una parte la propaganda, con due ministri tronfi a marcarsi a vicenda. Dall'altra la tragedia di cui un uomo solo, Sergio Mattarella, ha portato il peso. 
L’aeroporto è lo stesso, Ciampino. La scena ben diversa: ad accogliere la bara di Antonio Megalizzi, il giovane giornalista italiano ucciso nell’attentato ai mercatini di Natale di Strasburgo, un uomo solo: Sergio Mattarella. Con, molto defilato, il ministro per i Rapporti col parlamento Riccardo Fraccaro. C’è una foto simbolo del presidente della Repubblica in piedi vicino al feretro, intorno a lui il vuoto, che dice tutto. L’opposto di quel che si è visto quasi un mese dopo: stessa location, per dirla col linguaggio cinematografico (in fondo parliamo di reality fiction), ma due ministri visibilmente tronfi e una selva di microfoni pronti ad accogliere le loro dichiarazioni. Da una parte la tragedia di cui un uomo, anche se quell’uomo rappresenta il Paese, porta il peso. Dall’altra la propaganda.

Ovvio che mettere la faccia quando si tratta di un lutto è molto più impegnativo. Nella fattispecie, Megalizzi è un martire della causa europea, era un giovane giornalista entusiasta dell’idea di un’Europa unita, cosa che sappiamo non essere condivisa dai nostri attuali governanti. Molto meglio, quando si può, fare passerella in circostanze in cui lo Stato può esibire la sua forza. Come dimostra l'arrivo in Italia di Battisti, il criminale più ricercato degli
ultimi anni (con il mafioso Matteo Messina Denaro, a differenza del quale l’ex militante dei Pac non si nascondeva, anzi la sua, almeno fin che stava in Brasile, era una ostentata latitanza in diretta).

BONAFEDE E SALVINI, LÌ PER MARCARSI A VICENDA
Quello che si è visto a Ciampino ha scatenato differenti reazioni. Francamente non ho intravisto tutta quella barbarie dei potenti che si accaniscono, per citare Giuliano Ferrara, «come cani sui cinghiali». Anzi, la scena non aveva alcuna drammaticità nel suo essere priva di emozioni: pochi secondi, Battisti sceso dall’aereo circondato dai poliziotti e senza manette viene fatto salire sulla macchina della polizia che si allontana. Non è Enzo Tortora che viene strappato da letto, ammanettato ed esposto al ludibrio delle telecamere opportunamente convocate, né l’esibizione volgarmente giustizialista di tanti arresti di Tangentopoli. Se mai la cosa più evidente era che i due ministri, uno nella oramai solita giubba da poliziotto, erano chiaramente lì per marcarsi a vicenda, per scongiurare il rischio che il successo della cattura della primula rossa non venisse attribuito in parti uguali ai due partner di governo.

IL RISULTATO È UNA GROTTESCA E CINICA ESIBIZIONE
Ma il troppo stroppia, e spesso a spingere ossessivamente sul pedale della propaganda si ottiene l’effetto contrario: i due ministri a Ciampino, intenti come Totò e Peppino a rubarsi la battuta, alla fine hanno assunto i contorni di una grottesca e cinica esibizione. Che non scandalizza, né indigna più di tanto. Nella quotidiana battaglia social tra fautori e detrattori dei gialloverdi, i primi maliziosamente si chiedevano se con Renzi a Palazzo Chigi sarebbe andata diversamente. Propendiamo per il no, anche se la riprova è impossibile. Quello che inquieta, ma il discorso sarebbe lungo, è la oramai assoluta dipendenza dei leader politici dal cercare l’approvazione e il consenso della cosiddetta gente per ogni loro azione. E questo a prescindere da una gerarchia di eventi e valori. Che sia la cattura di Battisti, la partitella di calcio tra amici o il piatto di pasta che stanno per mangiare, a cambiare è la scelta del social su cui esibirsi, non l’attitudine.

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