giovedì 6 aprile 2017

Cosa può cambiare dopo l’attacco chimico in Siria




 
da:http://www.internazionale.it/ - di Bernard Guetta

Di fatto non ci sono prove. Sappiamo che c’è stato sicuramente un attacco aereo con armi chimiche e che questo attacco ha colpito una zona controllata dai ribelli ostili al regime di Bashar al Assad, con le ultime cifre che parlano di un centinaio di morti e tra i 400 e i 500 feriti. Dunque dal punto di vista giuridico non è possibile accusare formalmente il regime siriano di crimini di guerra, se non fosse che…

Se non fosse che nessuna fazione ribelle possiede un solo aereo, e anche ammettendo che gli insorti se ne siano procurato uno nella notte non si capisce perché avrebbero dovuto bombardarsi da soli. In mancanza di prove, insomma, c’è un solido ragionamento logico che punta dritto contro l’esercito di Assad, che dal canto suo si affanna a smentire e a protestare.

Qualcuno dirà che il regime non ha interesse a trasformarsi nel bersaglio dell’indignazione internazionale proprio nel momento in cui i ribelli sono pressoché sconfitti.

Le mosse di Putin
È vero. Lo sdegno internazionale è arrivato, ed è il minimo. Ma questo regime non si è mai preoccupato troppo della sua immagine, per il validissimo motivo
che non ne ha mai pagato le conseguenze. I suoi massacri, i suoi bombardamenti incessanti di ospedali, scuole e quartieri residenziali, il suo impiego di armi chimiche, l’esistenza di centri di torture dove i prigionieri vengono lasciati morire di fame e di sete e tutta l’insostenibile barbarie di questo regime sono perfettamente documentati. Eppure la Russia blocca qualsiasi condanna di Damasco da parte del Consiglio di sicurezza e, fatta eccezione per la Francia, nessuno ha mai voluto quantomeno provare a indebolire il regime per spingerlo al tavolo dei negoziati.

Tra la Russia e l’Iran che sostengono il regime con le armi e gli Stati Uniti che si rifiutano di intervenire in Medio Oriente quando dovrebbero (dopo averlo fatto quando non avrebbero dovuto), Assad si sente libero di varcare ogni limite. L’ennesimo attacco, tra l’altro, non è stato lanciato a casaccio come si potrebbe pensare.

La Russia, paese che ha salvato il regime schiacciando Aleppo, vorrebbe ottenere da Assad alcune concessioni che permetterebbero a Putin di ritirarsi e sostenere di aver favorito un accordo politico. Ma Assad non ha intenzione di assecondare i russi perché teme che la minima apertura possa provocare la fine del suo regime. Per il macellaio di Damasco è fondamentale che i ribelli siano sbaragliati completamente, e un crimine come quello commesso il 4 aprile può contribuire alla sua missione.

C’è una certa razionalità in questo orrore, ma è anche vero che Assad sta scherzando con il fuoco, perché l’amministrazione Trump, che fino a una settimana fa si diceva pronta ad accettare la sua permanenza al potere, ha subito alzato la voce contro di lui. Intanto i turchi stanno facendo pressione sull’alleato russo affinché reagisca e a Mosca traspare una certa irritazione. Forse Damasco ha sferrato un colpo di troppo. Staremo a vedere. Per il momento non tira un’aria buona per questo regime di assassini. 

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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