Alle 3:36 ero sveglio. Per chi mi conosce
non sarà una novità. Ero sveglio e mi sono accorto che c’era stato un terremoto
per caso, grazie aTwitter. Alle 3:42 esatte l’hashtag #terremoto era
già primo tra itrending topic. Vuol dire che, a dispetto di quanti ne hanno
celebrato anticipatamente la morte, Twitter è sano, vivo, reattivo e
lotta più che mai assieme a noi.
Insomma, noto l’hashtag e parte un brivido
sulla schiena, perché poco prima non c’era, e il fatto che invece fosse
arrivato al primo posto in pochi minuti significava che aveva svegliato
parecchie persone, quindi che era stato bello forte e, quindi, che era stato
potenzialmente catastrofico per qualcuno. Questo penso, in pochi secondi,
perché mi fido di Twitter e perché so come funziona. E infatti clicco
sull’hashtag#terremoto e i tweet che manifestano preoccupazione sulla
durata e sull’intensità si susseguono rendendo il flusso velocissimo e
praticamente illeggibile: c’è chi l’ha sentito da molto lontano; chi ricorda
che ai tempi dell’Aquila a Roma si sentì in modo molto simile; chi chiede dove
sia l’epicentro; ci sono i soliti idioti che parlano di complotto e strane
coincidenze con il terremoto a Pompei; ci sono quelli che rimarcano la quasi
coincidenza di orario – come se alle coincidenze bastasse il “quasi” –
con il terremoto a l’Aquila; ci sono quelli che sentono di dover dare la
propria opinione anche se