giovedì 25 agosto 2016

Terremoto Centro-Italia, Gianluca Neri: Il giorno in cui in Italia morì la stampa


Alle 3:36 ero sveglio. Per chi mi conosce non sarà una novità. Ero sveglio e mi sono accorto che c’era stato un terremoto per caso, grazie aTwitter. Alle 3:42 esatte l’hashtag #terremoto era già primo tra itrending topic. Vuol dire che, a dispetto di quanti ne hanno celebrato anticipatamente la morte, Twitter è sano, vivo, reattivo e lotta più che mai assieme a noi.

Insomma, noto l’hashtag e parte un brivido sulla schiena, perché poco prima non c’era, e il fatto che invece fosse arrivato al primo posto in pochi minuti significava che aveva svegliato parecchie persone, quindi che era stato bello forte e, quindi, che era stato potenzialmente catastrofico per qualcuno. Questo penso, in pochi secondi, perché mi fido di Twitter e perché so come funziona. E infatti clicco sull’hashtag#terremoto e i tweet che manifestano preoccupazione sulla durata e sull’intensità si susseguono rendendo il flusso velocissimo e praticamente illeggibile: c’è chi l’ha sentito da molto lontano; chi ricorda che ai tempi dell’Aquila a Roma si sentì in modo molto simile; chi chiede dove sia l’epicentro; ci sono i soliti idioti che parlano di complotto e strane coincidenze con il terremoto a Pompei; ci sono quelli che rimarcano la quasi coincidenza di orario – come se alle coincidenze bastasse il “quasi” – con il terremoto a l’Aquila; ci sono quelli che sentono di dover dare la propria opinione anche se

Terremoto Centro Italia: oggi lacrime, domani sorrisoni e dopodomani grandi opere


da: Il Fatto Quotidiano – di Antonello Caporale

L’Italia ha la mappa meglio aggiornata del rischio sismico. Sappiamo cosa fare ma non facciamo. C’è un perché, anzi due.

La prevenzione del rischio sismico e di quello idrogeologico punta a una cucitura lenta e vasta dell’Appennino. Piccoli cantieri, piccole opere, ma molto utili. Lavoro faticoso e invisibile. L’adeguamento antisismico inciderebbe un minimo rispetto al costo dell’edificio ma chi lo riconoscerebbe? La riconoscibilità politica di un’opera è essenziale per la propaganda.

Le due Tav più il Mose avrebbero condotto l’Italia più fragile alla salvezza. Il costo di mezza Metro C di Roma avrebbe potuto far riattivare gli ottomila chilometri di binari morti. Ma queste grandi opere hanno grandi costruttori che muovono grandi interessi. La lobby ha un valore e un potere. Sono imprese spesso multinazionali con fatturati miliardari che pressano, indicano, consigliano ed eleggono deputati e senatori. Avrebbe infatti avuto senso spendere centinaia di milioni di euro per il solo studio di fattibilità (solo lo studio eh?) del Ponte sullo Stretto invece che mettere in sicurezza l’area dello Stretto, la più esposta d’Italia al rischio sismico e idrogeologico?

Terremoto Centro-Italia: Norcia esempio virtuoso, senza morti né feriti grazie alla “buona ricostruzione”


da: Il Fatto Quotidiano

Il caso del comune umbro: senza vittime, nonostante sia a soli 17 km in linea d'aria dall'epicentro del sisma che ha provocato devastazioni tra le Marche e il Lazio. Qui le case sono state ricostruite, rispettando le disposizioni antisismiche, dopo i terremoti del 1979 e 1997. Il sismologo Boschi: "In Italia si costruisce con criteri antisismici solo dopo un terremoto grave”

Case, chiese e strade danneggiate, ma nessuna vittima, né ferito aNorcia. Eppure si trova a 17 km in linea d’aria dall’epicentro del sisma, 4 chilometri di profondità nei pressi di Accumoli, che ha provocato decine di morti e devastazioni tra le Marche e il Lazio. Il piccolo borgo della Valnerina non è stato miracolato dal patrono San Benedetto, ma è salvo grazie alla “buona ricostruzione” seguita al sisma del 1997 e al più grave del 1979, quando ci furono cinque morti e centinaia di sfollati.

Sul fronte dei terremoti “siamo ancora indietro sulla prevenzione”, ha detto il sismologo Enzo Boschi, intervistato dall’AdnKronos. La prova è Norcia: lì “dopo il terremoto del 1979 si è proceduto con interventi antisismici sugli edifici”

Massimo Gramellini: Polvere e sangue, il volto della tragedia


da: La Stampa



I volti delle tragedie si assomigliano tutti: polvere, sangue, paura. Questa suora con la fronte insanguinata e un telefonino attempato nella mano sinistra si chiama Mariana, è albanese, ha 32 anni. Appena i muri della stanza hanno cominciato a crollarle addosso si è nascosta sotto il letto e ha invocato aiuto, fino a quando un ragazzo l’ha tirata fuori in qualche modo dalle macerie del convento di Amatrice che ancora ricoprono tre sue consorelle e quattro ospiti anziani. Si è vestita al buio e a strati, indossando tutto quello che riusciva a recuperare nell’armadio sommerso dai detriti. L’hanno sdraiata sulla strada, accanto alla barella di un ferito più grave che la coperta sottrae all’obiettivo del fotografo, in attesa di correre in ambulanza verso un qualsiasi ospedale rimasto in piedi, dal momento che quello del paese si è sfaldato come neve al sole.

La suora insanguinata è un’immagine che evoca giudizi divini o possibili attentati a sfondo religioso, ma qui Dio c’entra poco e le belve del terrorismo per nulla. Questo è un attentato che gli italiani si sono fatti da soli. Ogni cinque anni, puntuale come una ricorrenza sacra, la terra