domenica 17 settembre 2023

Il video di Meloni sui migranti è pieno di cose false

 


da: https://www.ilpost.it/

La presidente del Consiglio ha commentato il recente picco di arrivi via mare con una serie di dichiarazioni imprecise e fuorvianti

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha costruito un pezzo rilevante del suo consenso politico sull’immigrazione, parlandone spesso con toni allarmistici e informazioni false, come del resto fanno da anni i principali leader dell’estrema destra europea. Negli ultimi giorni si è parlato molto del gran numero di sbarchi avvenuti sull’isola italiana di Lampedusa: per questo venerdì sera Meloni ha diffuso sui suoi profili social un video in cui commenta e giustifica il recente aumento dei migranti che arrivano via mare in Italia usando una serie di argomenti che contengono informazioni imprecise, forzate, implausibili, oppure semplicemente false, esattamente come faceva negli anni da parlamentare di opposizione.

• «La pressione migratoria che l’Italia sta subendo dall’inizio di quest’anno è insostenibile»

Secondo i dati del ministero dell’Interno dall’inizio del 2023 a oggi sono arrivate via mare in Italia 127.207 persone, lo 0,21 per cento della popolazione italiana, quasi tutti richiedenti asilo. Sono numeri che non erano così alti almeno dal 2016, ma che rimangono assolutamente gestibili per uno dei paesi più ricchi e sviluppati al mondo. Ormai da una quindicina d’anni l’Italia accoglie un flusso di persone solitamente più contenuto ma tutto sommato simile, e ha strutture e mezzi per occuparsene. Nel 2017, quando arrivarono via mare 119mila migranti, l’Italia spese per l’accoglienza di migranti e richiedenti asilo circa 2,7 miliardi di euro, lo 0,15 per cento del PIL di quell’anno. L’Italia non è nemmeno il paese europeo che riceve più richieste di asilo: né in termini assoluti né in rapporto alla sua popolazione. Nel 2022 ha ricevuto 84.290 richieste di asilo. Nello stesso anno la Germania ne ha ricevute 243.835, la Francia 156.455, la Spagna 117.945, l’Austria – che ha circa un settimo della popolazione italiana – 112.245.

• «Un quadro difficilissimo fra colpi di stato, calamità naturali, guerra del grano, jihadismo, che potrebbe portare diverse decine di milioni di persone a voler lasciare la propria nazione per cercare un futuro migliore in Europa»

Secondo Meloni l’aumento di arrivi in Italia via mare dipende da una presunta “congiuntura internazionale” che porterà nel tempo sempre più persone a migrare dall’Africa, ma il dato che cita è fortemente esagerato. Diversi studi sostengono che gli africani migrino di meno, in media, rispetto al resto del mondo. E quando lo fanno si spostano soprattutto all’interno del continente africano. Un rapporto dell’ONU mostra che fra il 2000 e il 2017 la percentuale di migranti africani che sono arrivati in Europa è salita dall’1 al 2 per cento del totale, restando quindi comunque bassissima. All’interno dell’Unione Europea vivono circa 23,8 milioni di persone nate al di fuori dei propri confini, circa il 5,3 per cento della popolazione, frutto di secoli di stratificazione di flussi migratori. Solo una parte di loro, fra l’altro, è nata in Africa. Pensare che nel futuro prossimo all’interno dell’Unione Europea arriveranno «decine di milioni» di africani, come suggerisce Meloni, è del tutto inverosimile.

• «Fermare a monte i trafficanti di esseri umani e l’immigrazione illegale di massa, concentrarsi sulla difesa dei confini esterni e non sulla distribuzione dei migranti: questo cambio di paradigma è oggi scritto nero su bianco nelle conclusioni del Consiglio Europeo»

Meloni si riferisce verosimilmente alle conclusioni del Consiglio Europeo, cioè l’organo dell’Unione che raduna i 27 capi di stato e di governo, che si è tenuto il 9 febbraio 2023, l’unico in cui si è parlato in maniera estesa di migrazioni. Nelle conclusioni si parla effettivamente di un rafforzamento del monitoraggio dei confini esterni dell’Unione Europea ma al contempo vengono invitati la Commissione Europea e il Parlamento Europeo a «proseguire i lavori relativi al patto sulla migrazione e l’asilo», cioè una proposta di legge attualmente in discussione in sede europea che prevede un meccanismo di redistribuzione dei richiedenti asilo, anche se indebolito rispetto a una precedente versione della riforma.

• «Come si realizza? […] Con una missione europea, anche navale se necessario, in accordo con le autorità del Nord Africa per fermare la partenza dei barconi»

Meloni sembra riproporre una delle sue vecchie promesse elettorali, cioè un blocco navale per fermare con la forza le partenze dei migranti. È un’idea irrealizzabile ed estremamente problematica. Irrealizzabile perché il tratto di mare davanti alla Libia e alla Tunisia, i due principali paesi di partenza dei migranti che cercano di arrivare via mare in Italia, è enorme, e nessuno dei due paesi ha risorse e attrezzature per pattugliarlo: e poi perché nessun paese accetterebbe di circondare le proprie coste di navi militari straniere. Le milizie che detengono il potere in Libia e il governo autoritario tunisino tengono molto a esercitare una sovranità piena, in modo da controllare più efficacemente l’economia e la società. Una forte presenza occidentale risulterebbe probabilmente troppo ingombrante. «Non esiste un blocco navale concordato con il paese contro cui lo si fa», ha sintetizzato efficacemente Irini Papanicolopulu, professoressa associata di diritto internazionale dell’Università Bicocca, a Redattore Sociale. Un blocco navale inoltre sarebbe problematico perché le leggi europee e italiane vietano di sparare o speronare imbarcazioni dove sono presenti potenziali richiedenti asilo, ovviamente, ma anche perché fermare queste imbarcazioni equivarrebbe a un respingimento di massa. I respingimenti indiscriminati di persone che vogliono chiedere protezione in un certo stato sono esplicitamente vietati dall’articolo 33 della convenzione sullo status dei rifugiati firmata a Ginevra nel 1951, e dal protocollo 4 che integra la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, entrato in vigore nel 1968.

• «Penso al quotidiano tentativo di alcune forze politiche e influenti realtà di sostenere che la Tunisia sarebbe un regime oppressivo con il quale non si possono fare accordi, di dichiarare persino che la Tunisia non sarebbe un porto sicuro»

La Tunisia è un paese a guida autoritaria in cui negli ultimi anni il presidente Kais Saied ha limitato l’autonomia del potere giudiziario, sciolto il Consiglio superiore della magistratura, represso con violenza varie manifestazioni di protesta, fatto imprigionare vari oppositori politici, giornalisti e sindacalisti. Negli ultimi mesi ha addossato le responsabilità di una gravissima crisi economica e sociale ai migranti dell’Africa subsahariana che erano già presenti nel paese, che oggi sono sottoposti a violenze e discriminazioni quotidiane. Molti esperti di migrazione non ritengono che la Tunisia possa qualificarsi come “porto sicuro”, cioè un paese nel quale si possa concludere un’operazione di soccorso in mare. La legislazione sullo stato di diritto è incompleta e in questi anni è stata di fatto smantellata da Saied. Con la recente campagna di discriminazione, inoltre, il rispetto dei diritti umani dei migranti subsahariani non è per nulla garantito, e riportarli in Tunisia dopo un soccorso violerebbe probabilmente diversi trattati internazionali sul rispetto dei diritti dei richiedenti asilo.

• «Se entrate illegalmente in Italia sarete trattenuti e rimpatriati»

Le leggi italiane ed europee prevedono che chiunque possa entrare in Italia e nell’Unione Europea per chiedere asilo, a prescindere dalle circostanze del suo ingresso. Il comma 4 dell’articolo 10 del Testo Unico sull’immigrazione vieta esplicitamente di respingere persone che chiedono «asilo politico, il riconoscimento dello status di rifugiato, ovvero l’adozione di misure di protezione temporanea per motivi umanitari». Il decreto legislativo 25 del 28 gennaio 2008 prevede che la richiesta di asilo possa essere fatta nel momento stesso in cui si entra nel territorio italiano.

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