Pensieri su ciò che ci circonda. Media, politica, attualità, libri, film e quant’altro.
venerdì 28 settembre 2018
martedì 25 settembre 2018
Federico Aldrovandi e la propaganda per decreto nel dl Sicurezza di Salvini
Federico Aldrovandi e la propaganda per decreto nel dl Sicurezza
di Fabio Anselmo
Sono andato in Comune, a Ferrara, per
andare a trovare Patrizia Moretti ma il suo ufficio era vuoto. Ha preferito
prendersi un giorno di permesso e rimanere a casa come è naturale che sia. È
una giornata, questa, terribilmente triste e dolorosa per lei e per Lino
Aldrovandi.
La mattina del 25 settembre di 13 anni fa
il loro figlio primogenito, Federico, perdeva la vita per mano di 4 agenti di
polizia durante un intervento in via Ippodromo di Ferrara. Due manganelli rotti
e 54 lesioni sul povero corpo di quel ragazzo “ciascuna delle quali
suscettibile di autonomo procedimento penale”, come scrissero i giudici.
Ancora i giudici scrissero che se la
famiglia non avesse denunciato pubblicamente quanto accaduto al loro figlio, se
non si fosse più volte rivolta ai media sollecitando l’attenzione dell’opinione
pubblica, la morte di Federico Aldrovandi si sarebbe chiusa in un altro caso di
negata giustizia.
Il faro acceso dall’opinione pubblica su
quella drammatica vicenda giudiziaria è stato determinante. Un nobile esercizio
di quel controllo pubblico che deve essere sempre garantito dalla Giustizia
che, non dimentichiamolo, viene amministrata in nome del popolo italiano.
Soprattutto quando lo Stato processa se stesso e, cioè, quando si tratta di
violazione dei diritti umani, dei diritti fondamentali dell’Uomo.
Ponte Morandi, commissari Mit: “degrado noto ad Autostrade ma non ridusse il traffico”
Ponte
Morandi, commissari Mit: ‘Degrado noto ad Autostrade ma non ridusse traffico.
Manutenzione ridotta per profitto’
di Andrea
Tundo
“Sorpresa” per la scelta di effettuare i
lavori a traffico pieno, con l’utenza del Ponte Morandi “utilizzata, a sua
insaputa, come strumento per il monitoraggio dell’opera” da parte di
Autostrade. Che “pur a conoscenza di un accentuato degrado” delle parti
portanti del viadotto “non ha ritenuto di provvedere, come avrebbe dovuto, al
loro immediato ripristino” e per di più “non ha adottato alcuna misura
precauzionale a tutela” degli automobilisti che transitavano sul viadotto della
A10, crollato il 14 agosto provocando 43 morti.
Problemi
“minimizzati e celati”
Le conclusioni della commissione ispettiva
del Mit sono durissime nei confronti di Autostrade che “non si è avvalsa (…)
dei poteri limitativi e/o interdittivi regolatori del traffico sul viadotto
(…)” e non ha “eseguito conseguentemente tutti gli interventi necessari per evitare
il crollo verificatosi”. E, secondo gli ispettori del ministero delle
Infrastrutture, Autostrade “minimizzò e celò” allo Stato “gli elementi
conoscitivi” che avrebbero permesso agli organi di vigilanza di dare “compiutezza
sostanziale ai suoi compiti”. Lo fece già nel definire “retrofitting” il
progetto di ristrutturazione degli stralli presentato lo scorso anno quando si
trattava di una vera e propria opera di “ripristino e rinforzo” e questo
avrebbe tratto in inganno gli organi di vigilanza. E anche la presentazione di
Aspi “come di un mero ripristino conservativo dell’opera”, sempre secondo i
commissari, “non ha consentito” alla Direzione vigilanza del ministero “di
coglierne la complessità tecnica e organizzativa”. Una ricostruzione, quella
degli ispettori, “integralmente da verificare”, dice Autostrade dopo la
pubblicazione definendosi “totalmente trasparente” nei confronti del
concedente.
lunedì 17 settembre 2018
L’equità sociale del M5S: aumento pensioni minime e nulla alle pensioni (dei lavoratori) ferme da troppi anni
Una persona ha lavorato per molti anni. Non
i venti anni dei baby pensionati. Diciamo: almeno 35 anni.
E’ in pensione da un certo numero di anni.
La pensione non è aumentata. Le cosiddette rivalutazioni sono piccole elemosine
che non modificano il reddito di queste persone inchiodato da anni nonostante
il costo della vita aumenti.
Orbene.
Questi pensionati non vedono un aumento da
anni. Non c’è una tra le tante e giornaliere esternazioni di Salvini e Di Maio
che dica che avranno anche solo un misero aumento.
No. A chi ha lavorato per tanti anni sapendo
che contrariamente non avrebbe ricevuto una pensione non tocca nulla. Che dopo
aver lavorato per 35 e più anni, dopo aver lavorato in una fabbrica o in un’azienda
hanno anche lavorato a casa (donne), che da quando sono in pensione hanno visto
solo piccole elemosine quando – addirittura – non si sono viste togliere
qualche euro, a loro non spetta nulla.
Sono ignorati. Strano. Votano anche questi….
Mediaset: la redistribuzione pubblicitaria di Crimi (M5S) non piace all’azienda di Silvio
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da AdnKronos
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Vito Crimi del M5S è il Sottosegretario alla
Presidenza del Consiglio con delega all’editoria. Incarico che non è certo
piaciuto a Silvio Berlusconi al momento della creazione del governo Lega-M5S e
che ancor più gli va di traverso da quando, nei giorni scorsi, Crimi ha
pronunciato le parole: tetto pubblicitario.
Si tratta della redistribuzione delle
entrate pubblicitarie tra carta stampata ed emittenti televisive.
Per quanto riguarda le tv, le rilevazioni
auditel che determinano gli ascolti giornalieri non sono certo scientifiche ma è
su queste che si basano le tariffe applicate agli investitori pubblicitari. Mediaset
la fa da padrone nel mercato pubblicitario televisivo. I suoi introiti
pubblicitari sono sproporzionati rispetto ai dati di ascolto spesso mediocri ma
pompati da comunicati stampa e da blogger che per avere un posto in prima fila
in certi consessi di Mediaset si “prodigano” in lodi nei confronti di alcune
trasmissione storiche senza perdere l’occasione di essere “ipercritici” (o
disonesti mentalmente?) nei confronti di Rai e di altre emittenti.
Il pompaggio a favore di Mediaset, l’assenza
di un limite nella raccolta pubblicitaria, fa sì che l’azienda di Cologno
Monzese controlli il mercato pubblicitario e che chiunque tenti di affacciarsi
nel mercato televisivo non si prenda che le briciole. Vale anche per l’editore
Cairo.
sabato 15 settembre 2018
Fate vedere a tutti “Sulla mia pelle”, al cinema, su Netflix, ovunque sia possibile
da: https://www.linkiesta.it/it/ -
di Andrea Coccia
Il
film di Alessio Cremonini, dedicato alla storia di Stefano Cucchi e
interpretato da un bravissimo Alessandro Borghi è un film importante e da
vedere, tutti. E chissenefrega se lo si fa al computer su Netflix, al cinema o
in un centro sociale non autorizzato: il copyright se ne farà una ragione
Scrivere di un film come Sulla mia pelle,
girato da Alessio Cremonini, interpretato da un Alessandro Borghi che toglie il
fiato e dedicato alla terrificante vicenda della morte di Stefano Cucchi,
avvenuta nell'ottobre del 2009 in seguito all'arresto, è particolarmente difficile,
così come non è semplice vederlo. È difficile perché è un film che fa male,
malissimo a ogni inquadratura. È perfettamente misurato, non è per niente
retorico, non è né innocentista né colpevolista: è solo duro, come è dura la
realtà delle storie di questo tipo, purtroppo non limitate a quella di Stefano
Cucchi.
Non è facile, ma bisogna farlo. Bisogna
dirlo che Cremonini, così come non si ripara e non nasconde nulla dietro a
facili inquadrature o colonne sonore strappalacrime, nello stesso modo non risparmia
nulla alla realtà e riesce a infilare in 140 minuti di film tutte le sfumature
della violenza di cui trasuda questa storia. Bisogna dirlo che Alessandro
Borghi è l'interprete perfetto per incarnare nel bene e nel male la fragilità e
il dolore del protagonista.
Il ‘caso’ Birkenstock, ovvero come il brutto è diventato cool (e ha sbattuto la porta in faccia a Supreme)
da: https://it.businessinsider.com/
-
di Marianna Tognini
Fino a una decina di anni fa, le
Birkenstock erano i sandali – brutti – ai piedi dei backpackers che decidevano
di intraprendere avventurosi viaggi nel Sud-est asiatico o in Sudamerica. O,
peggio, dei turisti tedeschi in visita in Italia che li sfoggiavano senza
alcuna remora, magari accoppiandoli al calzino bianco d’ordinanza.
L’alone vagamente punitivo e in un certo
senso “monacale” posseduto dalle calzature teutoniche impediva loro di essere
prese in considerazione come valida alternativa a qualsiasi altro tipo di
sandalo, relegandole alla stregua di un acquisto “da vacanza” o da adoperare
tra le mura domestiche. La verità è che le Birkenstock erano – e sono tuttora –
comode sì, ma antiestetiche, per nulla slancianti e poco donanti. Averle non
costituiva certo un vanto, figuriamoci esibirle.
È notizia recente che Birkenstock abbia rifiutato una collaborazione con
Supreme «perché questa sarebbe solo una forma di
prostituzione», stando alle parole del Ceo Oliver Reichert. Parafrasato per i
non addetti ai lavori, un’azienda produttrice di sandali ortopedici (inutile
girarci intorno, la loro anima non è cambiata) sbatte la porta in faccia al brand di streetwear più cool del momento.
Per capire cosa sia successo nell’arco di
dieci anni, è tuttavia necessario fare un passo indietro di almeno duecento.
Un letto
per il piede
Siamo a Langen-Bergheim, una piccola città
vicina a Francoforte sul Meno, dove nel 1774 Johann Adam Birkenstock esercitava
la professione di calzolaio. Non è però lui il protagonista
mercoledì 12 settembre 2018
Guido Scorza: Direttiva copyright, un bene o un male? Cosa rischia ora il diritto d’autore in Europa
È finita come era iniziata: il Parlamento
europeo ha approvato, a larga maggioranza, la proposta di direttiva di riforma
del diritto d’autore nella formulazione – salvo pochi colpi di
maquillage – originariamente proposta dal relatore Alex Voss. Nel nuovo diritto
d’autore europeo ci sarà un nuovo diritto connesso in forza del quale gli
editori di giornali avranno diritto a un “equo compenso” da parte di chi
utilizzerà i link ai loro articoli accompagnati da un estratto – ancor che
breve – e un doppio giro di vite sui gestori delle piattaforme che pubblicano
contenuti degli utenti e che saranno, by default, responsabili per tali
contenuti sotto il profilo di eventuali violazioni del diritto d’autore.
È il momento dell’onore delle armi che su
un campo di battaglia di un tempo i vincitori riconoscerebbero ai vinti ma che,
forse, in questo caso, gli uni dovrebbero tributare agli altri perché,
sfortunatamente, l’impressione è che – al di là di quello che ha segnato il
tabellone dei voti nell’Europarlamento di Strasburgo – oggi non ci sono né
vinti, né vincitori. E, per dirla tutta, è lecito anche dubitare del fatto che
la parola “onore” sia associabile al dibattito che si è appena concluso e che
di onorevole, almeno a tratti, ha avuto davvero ben poco. Ma indugiare
sull’accaduto è poco utile e val la pena, invece, iniziare a guardare a domani
con più serenità e obiettività possibile.
L'Europarlamento ha approvato la nuova direttiva sul copyright
Ok
della plenaria con 438 si, 226 no e 39 astenuti. Esultano il presidente Tajani
e il Pd, Di Maio attacca: "È censura"
Via libera del Parlamento Europeo alla
direttiva sui diritti d'autore nel mercato unico digitale. La proposta sul
Copyright è stata adottata con 438 voti a favore, 226 contrari e 39 astensioni.
Approvate anche alcune modifiche proposte
dal relatore Axel Voss agli articoli 11 e 13 della direttiva, che erano stati
contestati in una campagna a favore della libertà di internet. Il via libera
della plenaria apre ora la strada ai negoziati con il Consiglio.
Per il presidente dell'Europarlamento,
Antonio Tajani, si tratta di "una vittoria per tutti i cittadini" con
il quale il Parlamento Europeo "ha scelto di difendere la cultura e la
creatività, mettendo fine al far-west digitale". Critica invece
l'europarlamentare del Movimento 5 Stelle Isabella Adinolfi, che ha parlato di
"pagina nera per la democrazia e la libertà dei cittadini. Con la scusa
della riforma del copyright, il Parlamento europeo ha di fatto legalizzato la
censura preventiva. È vergognoso! Ha vinto il partito del bavaglio".
venerdì 7 settembre 2018
Citazioni cinematografiche: One Day
Emma:
«Ogni volta che sono andata a letto con
qualcuno finivo o per ridere o per piangere. Per una volta vorrei una via di
mezzo».
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