mercoledì 2 agosto 2023

Milena Gabanelli: Padre Pio, debiti e clientele dell’ospedale del Vaticano

 


 

da: https://www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/

Diceva il Papa nell’Angelus di domenica 11 luglio 2021 dal Policlinico Gemelli, dov’era ricoverato: «Anche nella Chiesa succede a volte che qualche istituzione sanitaria, per una non buona gestione, non va bene economicamente, e il primo pensiero che ci viene è venderla. Ma la vocazione, nella Chiesa, non è avere dei quattrini, è fare il servizio, e il servizio sempre è gratuito». Sacrosante parole, ma concentriamoci sulla malagestione: le sue conseguenze ci riguardano tutti come pazienti. Nella quasi totalità dei casi un ospedale meglio è gestito migliori cure può offrire e così i soldi non vengono buttati al vento. E viceversa: il principio dimostrato nel Dataroom dello scorso maggio per gli ospedali pubblici (qui) non può che valere anche per i privati accreditati con il servizio sanitario nazionale. Papa Francesco non fa nomi, ma il più vaticano degli ospedali italiani è la Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo (Foggia), altrimenti conosciuta come l’ospedale di Padre Pio visto che lo fonda proprio il Santo nel 1956. È l’unico insieme al Bambin Gesù a essere controllato direttamente dalla Santa Sede e fa capo a una Fondazione di diritto canonico che, recita il suo statuto, «ha lo scopo principale … di dare ospitalità e assistenza, religiosa e sanitaria, agli ammalati ed ai pellegrini …». Nel 2022 in una masseria a pochi km da San Giovanni Rotondo, monsignor Nunzio Galantino, presidente dell’Apsa, il dicastero a capo del patrimonio immobiliare e finanziario del Vaticano comprese le mura dell’ospedale pugliese, ammonisce i gestori dell’Opera di Padre Pio in una riunione riservata: «Occorre cambiare passo, ripristinare la credibilità e l’aspetto reputazionale, cercando la soluzione a questa vicenda che ha prodotto solo frutti amari che la Santa Sede non può permettersi». E qualche mese fa, ancora il Papa, manda un messaggio che suona così: aiutatevi da soli, i buchi di bilancio non saranno coperti con i soldi dei fedeli.

Uno dei più grandi del Sud

È l’ultima chiamata, probabilmente, per l’ospedale di Padre Pio, 756 posti letto, 2.700 dipendenti, tra i più grandi del Sud con 32.500 ricoveri e quasi 923 mila prestazioni di attività ambulatoriale. Accreditato con il servizio sanitario, riceve dalla Regione Puglia circa 200 milioni all’anno per le prestazioni sanitarie convenzionate, su 230 di ricavi complessivi.

Ma non è stato proprio Papa Francesco nel pieno dello scandalo sulla gestione dei fondi della Segreteria a pretendere «assoluta trasparenza delle attività istituzionali dello Stato vaticano, soprattutto nel campo economico e finanziario?». L’ospedale di Padre Pio non è tecnicamente un’istituzione vaticana, ma rappresenta l’anima della Chiesa cattolica, è uno storico marchio e insieme anche una delle più grandi aziende controllate dal Papa.

Conti in rosso

La Casa Sollievo della Sofferenza è incapace di uscire dalla terapia intensiva dove da tempo immemore è relegata. La diagnosi è seria: rischio crac. Da documenti riservati che Dataroom può leggere emerge che negli ultimi 18 anni ha chiuso solo 4 volte in attivo. La gestione operativa dell’ospedale, appesantita anche da costi considerati eccessivi per il personale, è in perdita di 673 mila euro nel 2015, -225 mila nel 2016, -4,5 milioni nel 2017, -17,1 milioni nel 2018, -27,5 milioni nel 2019, quest’ultima ripianata solo grazie al contributo di 38 milioni della Regione Puglia. Nel 2022, dopo gli anni del Covid che non fanno testo, il rosso è di 22 milioni. Solo con i fornitori i debiti sono vicino ai 100 milioni quando erano 57 milioni nel 2016. E questo forse è uno dei capitoli più delicati e spinosi.

Qualità delle cure e ricoveri in calo

Dai dati del «Piano nazionale esiti» (Qui), lo strumento con cui l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) che fa capo al ministero della Salute testa annualmente la qualità delle cure, emergono chiaramente delle criticità: la mortalità a 30 giorni per ictus è del 18,8% contro una media di riferimento nazionale del 10,84%; per la sostituzione delle valvole cardiache è del 10,7% contro il 2,51%; per il tumore al polmone del 3% contro l’1,02%. I posti letto sono occupati solo al 74%. I 32.500 ricoveri del 2022 sono in calo del 25% rispetto al 2018. E, sempre per lo stesso periodo, l’attività ambulatoriale scende del 19%.

Il piano di rilancio

I numeri delineano un quadro di lento e costante declino. Nessun arcivescovo (la presidenza per statuto spetta al titolare dell’Arcidiocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, attualmente Franco Moscone), nessun consiglio di amministrazione, nessun manager è stato in grado di aggredire debiti e clientele per rimettere stabilmente in linea di galleggiamento l’ospedale. Ora tocca al nuovo direttore generale e consigliere della Fondazione, Gino Gumirato, manager veneto di grande esperienza sanitaria, nominato dalla Santa Sede a novembre 2022. Il suo piano triennale prevede il ritorno al pareggio dal 2024, riduzione dei posti letto a 585 in tre anni, turnover più efficiente dei malati, sostituzione per lo stretto necessario dei 350 dipendenti che andranno in pensione entro il 2026, in prevalenza medici e infermieri. Ci riuscirà?

L’esempio dell’ospedale di Negrar

Una cosa è certa: gestire con efficienza un ospedale religioso privato accreditato e no profit è possibile. Prendiamo come esempio l’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona), anche questo fondato da un futuro santo. Siamo nel cuore della Valpolicella, colline foderate di vigneti, terra dell’Amarone e di Giovanni Calabria, sacerdote veronese, morto nel 1954, santo nel 1999, fondatore della Congregazione dei Poveri Servi della Divina Provvidenza che accoglie emarginati e sofferenti. «Il malato è, dopo Dio, il nostro vero padrone», si legge all’ingresso del Sacro Cuore, un ospedale in buona parte sovrapponibile a quello di Padre Pio: 549 posti letto, oltre 30 mila ricoveri e 1,5 milioni di prestazioni ambulatoriali nel 2022. Ci lavorano 2.311 persone di cui 307 medici e 1.536 tra infermieri, tecnici e altri. Su 185,6 milioni di euro di ricavi ne riceve dalla Regione Veneto 135,2 (dati 2022, anche se per i residenti offre prestazioni per 138,3 milioni, ma i tre milioni in più sono di fatto regalati perché c’è un tetto al budget oltre il quale la Regione non rimborsa). Almeno negli ultimi 30 anni non è mai stato in perdita, e gli utili vengono reinvestiti nell’attività sanitaria dell’ospedale: 150 milioni di investimenti complessivi dal 2013.

Il manager cresciuto in ospedale

La Congregazione, a cui la struttura fa capo, ha affidato le redini e pieni poteri a un manager cresciuto all’interno della famiglia calabriana: Mario Piccinini, entrato nel 1975 come impiegato, nel 1988 diventa direttore del personale, nel 1991 direttore amministrativo e dal 2015 assume le funzioni di amministratore delegato. Nessuno al Sacro Cuore timbra il cartellino e l’ultimo conflitto sindacale è degli anni Settanta. Nel 2019 nell’ospedale viene installato il primo acceleratore lineare del Sud Europa per un tipo di radioterapia all’avanguardia contro i tumori ed è un punto di riferimento importante per la medicina rigenerativa. Produce radiofarmaci sperimentali, unico ospedale in Italia (Qui i dati sulla qualità delle cure).

Tra i medici più noti ci sono Grazia Pertile, uno dei maggiori chirurghi internazionali per l’oculistica, convinta nel 2003 a rientrare dal Belgio dov’è già una professionista di fama, mettendole a disposizione le più avanzate tecnologie; e poi Claudio Zorzi, primario di Ortopedia e Traumatologia, che con un intervento di medicina rigenerativa ha operato la sciatrice Sofia Goggia al ginocchio rimettendola in piedi per le Olimpiadi ad appena 15 giorni dall’infortunio.

A Negrar sono tutti orgogliosi del loro ospedale che fa dell’efficienza e dei bilanci in utile la normalità. A San Giovanni Rotondo raggiungere efficienza e utili sarebbe un miracolo. Ma i Santi in paradiso (e i bravi manager) possono essere d’aiuto.

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