Pensieri su ciò che ci circonda. Media, politica, attualità, libri, film e quant’altro.
mercoledì 24 aprile 2019
Daniele Silvestri: testo, Prima che
E
se potessimo tornare
Al ricordo che hai di me
Al ricordo che hai di me
Alle
cose come sono
O come erano prima di distruggerle
Prima che
O come erano prima di distruggerle
Prima che
Ma
se potessimo scappare
Dall'idea che avrò di te
Dall'idea che avrò di te
E
riprenderci le mani
Con la voglia di tenerle il più possibile
Con la voglia di tenerle il più possibile
Se riuscissimo a trovare ancora quell'ingenuità
Che ti fa sentire a casa anche non avendola
E senza sforzo fingere di non sapere già
Com'è che andrà, va
Se
sapessimo guardarci con un po' di gelosia
Quella
sana, quella semplice
La paura che si possa facilmente andare via
E cercare di stupirsi e poi arrabbiarsi e poi lasciarsi
Senza mai riuscirci e farsi dei discorsi giuro assurdi
Per poi ritrovarsi stretti che non ti lascerò mai
Capisci, mai
La paura che si possa facilmente andare via
E cercare di stupirsi e poi arrabbiarsi e poi lasciarsi
Senza mai riuscirci e farsi dei discorsi giuro assurdi
Per poi ritrovarsi stretti che non ti lascerò mai
Capisci, mai
martedì 23 aprile 2019
Amici 2019 alla quarta puntata del serale: solita robetta, solito “lavoro” per i prescelti alla vittoria…
Iniziamo dagli ascolti che anche per questa edizione - arrivata già a quattro puntate
- attestano che Amici non ha appeal e che Ballando gli sta davanti anche se di
poco.
1.a
puntata: Amici 4.096.000 22,23%, Ballando 4.527.000 20,16% dalle 20,41 alle 21,51. Dalle 21,54 alle
00,43 Ballando ha avuto 3.710.000 21,94%.
2.a
puntata: Amici
3.665.000 19,94%, Ballando 4.574.000 20,05% dalle 20,44 alle 21,51 mentre dalle 21,59
alle 00,43 ha avuto 3.966.000 22,08%.
3.a
puntata: Amici
3.939.000 21,7%, Ballando 4.561.000
20,24% dalle 20,43 alle 21,56 mentre dalle 21,59 alle 00,45 ha fatto 4.040.000
di ascolti per una share di 22,71%.
4.a
puntata: Amici 3.447.000 20,7%, Ballando 3.995.000 18,9% dalle 20,41 alle 21,56 mentre dalle 21,59
alle 00,46 ha fatto 3.442.000 di ascolti per una share di 21,1%.
Tutta colpa della programmazione? Il sabato sera non è la giornata adatta
per Amici? Può essere che collocato in altra serata della settimana Amici trovi
più spettatori ma ciò non toglie che questo
programma non sia brutto, mediocre. Di più: è anacronistico.
Se Zanforlin,
Monaco e Maria De Filippi non sanno o non ricordano il significato della
parola ‘anacronistico’ prendano un dizionario, cartaceo o on-line, leggano il
significato e cerchino di capire come si applica al loro programma televisivo.
Dopo gli ascolti veniamo ad alcune performance e commenti dei “professori/giudici”.
Definire la Bertè rivoluzionaria è ridicolo. Ma si sa, certi addetti ai lavori
non disdegnano di leccare il culo alla De Filippi e quindi devono titolare nel
web in modo da attirare attenzione sul programma. Polemiche, commenti, proposte di cambiamenti (ma quali?) di Amici
sono finalizzati a mantenere in vita
una supremazia che nostra signora Fascino, detta Maria De Filippi, sta
perdendo.
La Bertè,
insieme agli autori e - ovviamente -
Maria De Filippi, vuole che le performance siano valutate dal televoto. Minchia, che rivoluzione!. La Bertè dovrebbe sapere che il televoto non premia la qualità. Chi televota,
soprattutto in reality spacciati per talent, vota di pancia. E’ una scelta “emotiva”. Non solo. Il vincitore di un televoto in un programma
non è detto che vinca il televoto
fuori. Mahmood docet.
Padre Enzo Fortunato: Essere cristiani è ormai un indomito atto di coraggio
Pensavo
che il martirio alle comunità cristiane fosse una pagina archiviata. Invece no
Quaraqosh, Iraq. Mi trovo nella Chiesa
della Resurrezione, a Qaraqosh, ci accompagna Padre Majeed Attalla. Mentre
osservo il tetto divelto e i fori dei proiettili di kalashnikov sulle pareti,
mi ricorda la mappa di ciò che è accaduto tutto intorno: 116 case bombardate,
2228 bruciate dalla furia ideologica dell'Isis. Padre Majeed mi dice: "Noi
siamo ancora vivi. Grazie a Dio, siamo potuti tornare nella nostra terra. Ora
non ci resta che ricostruire".
Un velo ti tristezza mi avvolge. E questo
tetto sventrato è uguale a quello della chiesa di sant'Antonio, in Sri Lanka.
La strategia del terrore è la stessa.
Come faranno a ricostruire? Qui il Daeash è
ancora presente in molti uomini che i cristiani non li vogliono. E il pensiero
va all'Egitto, al Pakistan, alla Nigeria, allo Sri Lanka e alla sua capitale,
Colombo, messa in ginocchio da 86 attacchi solo nell'ultimo anno. Ieri, quello che ha colpito al cuore nel giorno di Pasqua la
comunità cristiana, con quasi 300 morti, 500 feriti, 24 arresti, 7 kamikaze.
Pensavo che il martirio alle comunità
cristiane fosse una pagina archiviata. Invece no: solo nel 2018, 245 milioni di
cristiani sono stati perseguitati nel mondo. Su 150 Paesi monitorati, 73 hanno
mostrato un livello di persecuzione "alta, molto alta o estrema".
Alcuni anni fa erano 58. Al primo posto, la Corea del Nord, l'Afghanistan al
secondo, la Somalia sul terzo gradino di questo triste podio. In Medio Oriente
un cristiano su tre è perseguitato.
sabato 20 aprile 2019
Caso Siri, il figlio di Arata assunto da Giorgetti a Palazzo Chigi
Federico Arata, figlio del professor Paolo
Franco Arata indagato con l’accusa di aver corrotto
il sottosegretario Armando Siri, è stato assunto a Palazzo Chigi dal
sottosegretario Giancarlo Giorgetti. In particolare, avrebbe firmato un
contratto nel Dipartimento programmazione economica. Franco Paolo Arata è anche
accusato di essere la «testa di legno» dell’imprenditore siciliano Vito
Nicastri, ritenuto uno dei finanziatori del boss latitante Matteo Messina
Denaro. Stando ai magistrati delle procure di Palermo e Roma, Arata avrebbe
corrotto Siri con lo scopo di ottenere provvedimenti di favore nel settore
delle rinnovabili.
Arata,
il presunto «schermo» di Cosa nostra
Secondo i pm era lo «schermo» attraverso
cui Cosa nostra intendeva far arrivare le proprie istanze nei palazzi del
potere politico. Lo sostengono gli atti giudiziari dei magistrati, che
ritengono il professore ed ex deputato di Forza Italia Paolo Franco Arata - tra
i sette docenti incaricati da Matteo Salvini di scrivere il piano di governo –
l’anello che univa gli interessi imprenditoriali nel settore rinnovabili di
Vito Nicastri, legato al boss Messina Denaro, con ambienti dell’esecutivo.
La
tangente da 30mila euro a Siri
Nella Capitale, con l’accusa di corruzione,
è indagato il sottosegretario alle Infrastrutture Siri. Il politico, ideologo
della Flat tax e braccio destro del ministro dell’Interno, è estraneo ai presunti
fatti di mafia, ma da Arata – che lo stesso sottosegretario aveva proposto come
commissario per la “Sblocca cantieri” - avrebbe ricevuto 30mila euro per
inserire «emendamenti – si legge nei documenti - contenenti disposizioni in
materia di incentivi per il cosiddetto “minieolico”». Il presunto motivo per il
quale ci fossero state queste richieste da parte di Arata lo spiegano, invece,
gli atti della Procura di Palermo. Secondo i magistrati, infatti, Arata
risponde dell’accusa di trasferimento fraudolento di valori aggravato dal
metodo mafioso, in quanto sarebbe la sospetta «testa di legno» di Vito
Nicastri, che al docente leghista e al figlio Francesco avrebbe intestato «la
titolarità e la disponibilità di quote delle società Etnea srl, Alqantara srl,
Solcara srl, Solgesta srl, Bion srl ed Ambra Energia srl», tutte impegnate nel
settore delle rinnovabili. I benefici degli emendamenti, dunque, avrebbero
avuto effetto sulle società ritenute di origine mafiosa. D’altronde Nicastri,
scrivono i pm siciliani negli atti, già in una precedente indagine aveva fatto
«guadagnare al sodalizio mafioso somme di denaro, in parte destinate anche al
latitante Matteo Messina Denaro».
ll
giro di società «mafiose»
«Naturalmente tuo papà mi ha fatto scrivere
una carta che la società è sua al metà per cento, che ce l'ha... tuo papà le
carte ce l’ha dal notaio. Però non ha tirato fuori una lira, neanche di Solcara
(una società ndr), ed erano soldi che mi dovreste dare, quando c’era la
possibilità, me li dovreste... giustamente me li dovreste dare». Una delle
società tra l’imprenditore ritenuto vicino alla mafia Vito Nicastri e il
faccendiere vicino alla Lega Paolo Arata è stata costituita davanti a un
notaio. A raccontarlo, non sapendo di essere intercettato nell’ambito di una
inchiesta su un giro di tangenti alla Regione siciliana dei pm di Palermo, è lo
stesso Arata accusato, insieme a Nicastri di corruzione e intestazione fittizia
di beni aggravata dall’avere agevolato Cosa nostra.
Di cosa è accusato Armando Siri
La
procura di Roma sostiene che sia stato corrotto per far approvare una norma legata
all'energia eolica: ma ci sono ancora diverse cose poco chiare
Armando Siri, senatore, sottosegretario ai Trasporti della Lega e considerato uno strettissimo collaboratore di Matteo Salvini, è indagato dalla procura di Roma per corruzione: è accusato di aver ricevuto 30.000 euro – o la promessa di quel denaro – in cambio dell’approvazione di una norma legata alla costruzione di impianti eolici. La notizia sull’indagine è arrivata giovedì e oggi sui giornali sono riportati maggiori dettagli sull’inchiesta e sui suoi protagonisti.
A corrompere
Siri, secondo la procura di Roma,
sarebbe stato il professore e
imprenditore genovese Paolo Arata, un ex deputato di Forza Italia ora molto
vicino alla Lega, con interessi nel
settore dell’energia eolica e dei rifiuti. Secondo l’accusa, Arata avrebbe
chiesto a Siri di fare approvare una
norma che avrebbe reso più larghe le
maglie per alcuni incentivi legati alle energie rinnovabili, di cui quindi
avrebbero beneficiato le sue società impegnate in quel settore. I giornali di
oggi scrivono che ci sono molte prove dei contatti tra i collaboratori di Siri
e Arata per la scrittura di questa norma e lo stesso Siri ha confermato al Corriere
della Sera che Arata lo chiamava spesso – come tanti altri – per
chiedergli di valutare o promuovere certe norme.
martedì 16 aprile 2019
Libia, Alberto Negri: l’Italia è stata colta ancora una volta apparentemente di sorpresa
Ancora una volta sulla Libia l’Italia è stata colta apparentemente di sorpresa. Come
del resto accade nel 2011 quando
Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti decisero di fare fuori il Colonnello
Gheddafi. Poi l’Italia si accordò ai
raid della Nato commettendo un secondo errore: bombardammo il nostro
maggiore alleato nel Mediterraneo, ricevuto a Roma soltanto sei mesi prima e
con cui avevamo firmato accordi miliardari e nel campo della sicurezza,
perdendo ogni credibilità internazionale. Gli stessi americani ci hanno preso in giro: prima Obama e poi Trump ci hanno promesso una “cabina di regia” sulla
Libia che in realtà nessuno ci ha mai voluto dare, visti i precedenti.
Le
illusioni dell’Italia
L’Italia è un Paese di illusi. Con il
fascismo ha perso la seconda guerra mondiale, tutte le sue colonie ed è stato
occupato dagli Alleati ospitando dozzine di basi Nato e testate nucleari
americane che non controlla: puoi dichiarare di essere “sovranista” quanto vuoi
ma non avendo mai recuperato sovranità reale conti ben poco. Anche le famose
missioni militari all’estero con cui abbiamo avuto dozzine di morti in Iraq e
in Afghanistan non sono bastate a ridarci credibilità: siamo rimasti i camerieri degli americani che ci tirano le orecchie di continuo, come è accaduto quando abbiamo firmato un memorandum sulla Via della Seta
con la Cina e stretto contratti
commerciali con Pechino, di valore per altro ben inferiori a quelli di francesi
e tedeschi.
Da
escludere un intervento militare
Del resto cosa accadrebbe se intervenissimo
militarmente, da soli, a sostenere il governo
Sarraj di Tripoli? Al primo morto qui si scatenerebbe il finimondo. La Francia che noi vituperiamo tanto
perché protegge i suoi interessi manda i
suoi soldati ovunque e nessuno protesta, nemmeno i gilet gialli che qui
qualcuno ama tanto.
Il sistema bancario italiano, Zonin: ascesa, declino e oblio del banchiere che ha affossato la Popolare di Vicenza
Dov’è
finito Zonin? Ascesa, declino e oblio del banchiere del popolo che ha affossato
Vicenza
Era
il re di Vicenza, la sua parabola è stata la madre di tutte le crisi bancarie,
adesso è sotto processo: ma la storia del vignaiolo prestato alla finanza è
istruttiva per capire che si fa presto a parlare di truffati dalle banche
di Stefano
Cingolani
La saga dei rimborsi è ancora lontana dalla
conclusione, nonostante l’accordo raggiunto dal governo con le associazioni
degli investitori. Il miliardo e mezzo di euro già stanziato, è alla ricerca di
un sistema legittimo per essere erogato, perché non sfugge a nessuno che
l’italica pretesa di intascare i profitti e farsi pagare le perdite da tutti
gli altri contribuenti, è iniqua e illegale. A rullare i tamburi di guerra più
delle altre è la tribù dei “truffati” veneti, in particolare gli ex azionisti,
obbligazionisti, sottoscrittori, depositanti della Banca Popolare di Vicenza,
la madre di tutte le popolari fallite, l’alfa e l’omega di un sistema che ancor
oggi si insiste a difendere.
La banca del territorio, la banca del
popolo, la banca di sistema: tutti caciocavalli appesi come le idee hegeliane
secondo Benedetto Croce. Perché la realtà è che non ci sono da una parte lupi e
dall’altra candide pecorelle: le ire funeste di chi oggi ha perso il proprio
capitale andrebbero bilanciate con le gioie di chi brindava in mezzo alla
tempesta. A Vicenza è crollato il paradigma che ha fatto grande, robusto, ricco
quel territorio finché è durato il carnevale.
Lo ha ammesso Giancarlo Ferretto, proprietario della Armes (sistemi di
imballaggio), già presidente della Confindustria veneta e vicepresidente della
BPV: "Se il Nord Est ha retto
lo si deve anche alle banche popolari le quali, mentre le altre chiudevano i rubinetti, hanno
continuato a erogare credito. Ma distribuivano utili che di fatto non
avevano, incrementavano le azioni senza che ci fosse un corrispondente
effettivo". L’autodafé si spinge più in là: “Noi risparmiatori abbiamo sbagliato, le abbiamo considerate la mucca da
mungere. Ogni anno distribuivano i dividendi, ci mettevano lì la monetina e
aumentava il valore delle azioni. Io per primo ho fatto questo errore. Dovevamo
capirlo: mentre i titoli delle banche quotate in borsa scendevano, quelli della
BPV o di Veneto banca continuavano a crescere. Eravamo come drogati. Teniamo in
piedi il territorio, ci ripetevano, siamo un sistema protetto”.
martedì 9 aprile 2019
Def, bozza: introduzione graduale della flat tax e due aliquote Irpef
Cosa
prevede la bozza del Def in Consiglio dei ministri
Verso
ipotesi di due aliquote Irpef a partire dai redditi più bassi, riformando
deduzioni e le detrazioni. Pil del 2019 che sale dello 0,2%, anziché dello
0,1 per effetto delle misure sulla crescita.
L'obiettivo del documento di programmazione
fiscale ed economica atteso sul tavolo del Consiglio dei ministri è la
riduzione della pressione fiscale sul lavoro che dovrebbe essere coperta da una
riduzione delle spese fiscali. Già con la prossima manovra per il 2020, si
legge nella bozza del documento, ci sarà un«paziente lavoro di revisione della
spesa corrente» e «delle agevolazioni fiscali».
I
SALDI STRUTTURALI PEGGIORANO
Intanto peggiorano i saldi dei conti
pubblici, ma il governo punta ad ottenere comun que il via libera. Nella bozza
del Def che sarà all'esame del Consiglio dei ministri è previsto infatti un saldo
strutturale peggiorato di 0,1 punti percentuali quest'anno, ma che risulta «in
lieve miglioramento al netto della clausola per eventi eccezionali». Secondo il
documento «la sostanziale compliance»del programma di finanza pubblica
«dovrebbe costituire un fattore rilevante per la valutazione dell'osservanza
della regola del debito da parte dell'Italia» nonostante un nuovo rialzo del
rapporto debito/Pil previsto al 132,7% quest'anno dal 132,2% del 2018.
IMPATTO
POSITIVO DEL REDDITO, MA QUOTA 100 NON È CALCOLATA
Stando al documento del governo grazie al Reddito
di cittadinanza il Pil quest'anno crescerà di un ulteriore 0,2% mentre
l'effetto cifrato nelle tabelle del Def per Quota 100 è pari a zero. Tra gli
altri effetti stimati per il Rdc anche quello sui consumi (+0,5% nel 2019 che
arrivano a +1,2% nel 2022). Sempre per i consumi invece Quota 100 produrrà un
aumento dello 0,1% nell'anno in corso.
SCHIZZA
IL DEBITO PUBBLICO
Schizza anche il debito pubblico al 132,7%
del Pil per quest'anno, in rialzo dal 132,2% del 2018 a causa della «bassa
crescita nominale» e «rendimenti reali relativamente elevati», con un calo nel
2020 al 131,7% e «via via fino al 129,8% nel 2022». Per questo il governo, di
fronte al rialzo della stima di deficit-Pil per quest'anno «intende attuare la
clausola contenuta nella legge di Bilancio 2019, in base alla quale due
miliardi di euro di spesa delle amministrazioni centrali resteranno congelati
nella seconda metà dell'anno». Sul fronte flat tax, «la progressiva
introduzione ridurrà il cuneo fiscale sul lavoro e sarà coperta da una
riduzione delle spese fiscali, salvaguardando quelle destinate al sostegno
della famiglia e delle persone con disabilità».
LE
MISURE DEL DOCUMENTO DI PROGRAMMAZIONE ECONOMICO FINANZIARIA
Michele Monina: Antonacci e Pausini, per il loro nuovo singolo bisogna scomodare Frank Zappa (seduto sul cesso)
Non ho sentito i brani di Antonacci e
Pausini perché..giusto per rimanere nel concetto del parere di Monina..trovo
che la Pausini sia un efficace lassativo e io tengo ancora un intestino
regolare.
Mi chiedo però….che penserebbe Monina degli
inediti dei concorrenti cantanti di Amici…
Michele
Monina: Antonacci e Pausini, per il loro nuovo singolo bisogna scomodare Frank
Zappa (seduto sul cesso)
La
foto del baffuto musicista seduto sul water con i calzoni calati alle caviglie
è passata alla storia. Ma è anche la perfetta immagine per rappresentare cosa
si prova nell'ascoltare il nuovo singolo di Biagio Antonacci e Laura Pausini,
“In questa nostra casa nuova”. Non proprio un capolavoro
Frank Zappa era un genio assoluto. Un
rocker capace di trovare quel punto di incontro, oggi evidente ai più, tra
musica rock e musica classica. Non solo nella composizione in sé, quanto, più
che altro, nell'attenzione alla complessità che la composizione può permettere.
Discorso complesso che non affronterò in questa sede, ma chiunque abbia avuto
il piacere, perché di piacere si tratta, di ascoltare le opere di Zappa ben sa
di cosa parlo. Frank Zappa, signore e signori. Un iconoclasta, inoltre.
Uno di quelli che quando apre bocca dice
cose ficcanti, non sempre vere, ma figuriamoci se è la verità quello che ci
interessa sentir dire a un iconoclasta. A lui sono attribuite, anche per questo
suo essere iconoclasta, alcune delle immagini più immaginifiche riguardo al
rapporto complicato tra musica e critica musicale, attribuzione per altro
posticcia e non sempre vera. Per dire, a lui si attribuisce la nota frase «Buona
parte del giornalismo rock è gente che non sa scrivere, che intervista gente
che non sa parlare, per gente che non sa leggere», ma ci sono dubbi sulla veridicità
della citazione. Mentre è senz'altro sua l'altrettanto nota «parlare di musica
è come danzare di architettura». Entrambe, converrete, sono emerite puttanate,
ma a un genio iconoclasta come Zappa le si possono ben perdonare. Perché un
visionario ha ben diritto di dire cose che non rispondano necessariamente al
vero, ma a una sua visione del mondo.
venerdì 5 aprile 2019
giovedì 4 aprile 2019
Governo M5S-Lega: fine delle promesse, fine dei “progetti”?
ll
terzo tempo a corto di idee dei nuovi politici
Il
programma di M5S e Lega sembra esaurito con la prima infornata di promesse, allo
stesso modo di ciò che avviene a Trump e ai partigiani della Brexit
di Federico
Fubini
Nel rugby il terzo tempo arriva quando le
due squadre si ritrovano davanti a una birra dopo la partita. In politica,
all’epoca dei populisti, è un po’ meno rilassante. Anche per loro sarebbe il
momento di lasciar stare le mischie o i calcioni sferrati a casaccio per
guadagnare metri. Ma mentre i rugbisti nel terzo tempo sanno cambiare approccio
e passano alle pacche sulle spalle, ai governanti riesce più difficile.
Il loro primo tempo era stato l’età della
protesta, le piazze del Vaffa di Beppe Grillo, le incursioni di Matteo Salvini
a Macerata dopo l’omicidio di Pamela Mastropietro per mano di un nigeriano
(«morte di Stato»). Primo tempo furono anche i cartelli sui bus di Londra,
quelli che promettevano soldi alla sanità pubblica se il Paese fosse uscito dall’Unione
europea. Primo tempo erano anche gli hangar traboccanti di folla dai quali nel
2016 gridava «America first!» o il giorno del giuramento, quando il nuovo
presidente annunciò la nuova linea protezionista: «La carneficina americana
finisce qua, finisce adesso».
martedì 2 aprile 2019
Guido Scorza: Copyright, perché i veri sconfitti della riforma sono i cittadini (e non i giganti del web)
Il Parlamento europeo, alla fine, ha detto
sì e approvato la Direttiva di riforma della disciplina europea sul diritto
d’autore.
Si potrebbe dire che hanno vinto i titolari
dei diritti d’autore e gli editori di giornali e hanno perso i giganti del web
o – e qualcuno nelle prossime ore lo scriverà certamente – che la creatività e
la cultura europee hanno prevalso sulla tecno-industria americana ma si
sbaglierebbe.
In realtà, probabilmente, gli unici veri sconfitti sono i cittadini
europei la cui voce – che pure
si è levata forte almeno negli ultimi mesi – è stata ignorata e bollata dalle stesse Istituzioni di Bruxelles come il risultato
di un processo di condizionamento mediatico di massa orchestrato dai
giganti del web e, come tale, inattendibile.
Le ragioni
di un giudizio tanto severo sono tante e diverse. Eccone alcune.
La Direttiva non sarà legge nei singoli
Paesi dell’Unione prima della primavera-estate del 2021 il che, nell’economia
digitale, significa un’era geologica. È tecnicamente impossibile dire oggi se,
domani, le nuove regole saranno ancora utili a governare un fenomeno – quello
della circolazione dei contenuti online – che realisticamente si presenterà con
tratti sensibilmente diversi.
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